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Maurice Nio. Progetto d'ampliamento del museo Pecci a Prato
Rivista Metamorfosi N° 67
di Luglio/agosto, 2007
Autore: Michele Costanzo
Articoli Un modo caratteristico di Maurice Nio nell'affrontare il percorso progettuale è quello di partire dal nome, che egli sente di dover conferire sistematicamente all'opera già prima che essa sia definita in senso formale. Il titolo che in questo caso egli dà al suo lavoro è Sensing the waves. Con tale atto l'autore sembra voler condensare la carica immaginativa necessaria a configurare l'immagine del progetto: un po' come lo scalatore che mette nello zaino le essenziali sostanze energetiche che lo dovranno sostenere nella fatica dell'ascesa.
Il progetto di cui si parla è l'ampliamento del Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, progettato nel 1988 da Italo Gamberini per l'industriale Enrico Pecci, che sarà donato poi alla città di Prato in memoria del figlio Luigi, scomparso.
Dopo quasi vent'anni dall'apertura degli spazi espositivi al pubblico e la costituzione nel corso degli anni di un'interessante collezione impostata su scelte di diverso orientamento (dalla Transavanguardia italiana ed europea, alla Nuova Scultura inglese ed europea, dalla Perestroika russa, alla fotografia d'artista, dalle opere di Poesia Concreta, di Poesia Visiva, all'Architettura Radicale, e a quant'altro), il museo ora sente la necessità di individuare uno spazio adeguato per esporre tali opere. Da qui, l'idea di riformulare un nuovo programma ed i criteri stessi dell'offerta culturale del Centro, puntando a riorganizzare i rigidi ambienti dell'attuale struttura espositiva per l'esposizione permanente, e a realizzare un nuovo corpo aggiuntivo per le esposizioni temporanee.
Il progetto di Nio si presenta come una sorta di grande anello sospeso dalla superficie bronzea, che raccoglie in sé tutta la superficie espositiva, circondando l'edificio preesistente, e collegandosi ad esso alle due estremità e al centro.
La conformazione anulare che contraddistingue il progetto è, in qualche misura, determinata da quella del giardino circostante in precedenza utilizzato come spazio espositivo all'aperto. «Rispetto al carattere rigido e meccanico della struttura preesistente», osserva Nio, «parzialmente ispirata all'architettura industriale di Prato, il nuovo progetto propone un linguaggio intessuto di forme fluide e sognanti. Abbraccia e circonda l'edificio originario, sfiorandolo solo quanto necessario».
Il nuovo organismo occupa due livelli: quello a piano terra, racchiuso da un involucro trasparente, permeabile alla vista, ospita l'ingresso, il bookshop, la caffetteria e spazi per la didattica; quello al primo piano, chiuso e marcatamente materico (anche se e dotato di alcuni obloo), rivestito in scaglie di rame, è destinato all'attività delle mostre temporanee.
Ad arricchire e contrastare la sicura, quasi perentoria definizione della figura architettonica disposta orizzontalmente nello spazio, l'autore introduce un segnale urbano verticale dal curioso andamento ritorto. «E' un incrocio fra un corno e un'antenna», afferma Nio, «sonda gli umori culturali, alla ricerca di nuove correnti». E' un'immagine simbolica, un catalizzatore dell'attenzione del pubblico, un "sensore" volto ad intercettare le forme della creatività artistica del territorio.

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