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Gruppo Metamorph. Quattro recenti progetti
Rivista Controspazio N° 6
di novembre dicembre, 2000
Autore: Michele Costanzo
Articoli Il Gruppo Metamorph, fin dagli anni della sua formazione, ha sentito l'esigenza di orientare la propria ricerca secondo un duplice indirizzo, sia di tipo teorico che progettuale. Nel primo caso, attraverso scritti di differente impegno (quali, articoli, studi, saggi) e l'azione di approfondimento critico (nonché di stimolo al dibattito culturale), svolta con la rivista «Metamorfosi» a partire dal 1985; nel secondo, tramite la continua sperimentazione degli interni equilibri attraverso cui trovano la propria determinazione la struttura e la forma dello spazio.
Testimoni più recenti della metodologia di sviluppo del proprio fare, praticata da Metamorph, sono quattro opere, tutte rivolte all'area romana: la Casa a corte, a Tor Vergata (1991-99); l'Asilo-nido, alla Massimina (1998-99); l'Istituto di Neuropsichiatria Infantile, a San Lorenzo (1982-98); il CCI (Centro Congressi Italia), all'EUR (1998).
Pur distanti tra loro per le destinazioni d'uso e per le difformi peculiarità dell'impegno progettuale, tali lavori risultano, tuttavia, idealmente collegati da un filo logico che li attraversa, come si può arguire dalla ricorrenza, nei vari percorsi ideativi, di un costante criterio di impostazione programmatica e di conseguenti scelte formali. Per questa ragione, essi andrebbero più opportunamente letti come maniere diverse di regolare il rapporto tra l'approccio teorico e quello sperimentale o, anche, come criteri distinti per ricondurre le problematiche, assunte dall'esperienza del reale, all'interno di un rigido impianto concettuale.
Tale caratteristico modo di procedere, nelle singole fasi progettuali -a un tempo, analitico, scompositivo, narrativo- per raggiungere l'obiettivo prefigurato e per dare forma compiuta all'ipotesi configurativa, suggerisce una stimolante analogia con ricerche sperimentali in campo letterario, operate sulla struttura del romanzo, a partire da quella di John Dos Passos: Il 42° parallelo; dove l'autore, nella sfera della stessa costruzione narrativa, joycianamente, impiega obiettivi o strumenti di osservazione diseguali, metri di lettura della realtà dissimili, corrispondenti ad altrettanti modi di relazionarsi ad essa: ora adottando il newsreel (un effetto potentemente evocativo), ora la biography (vivido resoconto della vita di alcuni personaggi emblematici) e, infine, la camera eye (il filo conduttore che lega tutti gli eventi conferendo loro un senso).
Tale riferimento ha il fine di porre nella giusta prospettiva una delle tematiche cruciali che sostanzia il carattere della ricerca espressiva di Metamorph, che è quella della complessità.
Lo spazio in cui viviamo si presenta in una forma complessa in quanto stratificata, composta da elementi sovrapposti in maniera incoerente o, secondo un principio organizzatore di non facile identificazione. Compito dell'architettura è quello di porsi come uno specchio difronte a tale realtà per rifletterne l'immagine al fine di potersene appropriare; non diversamente da Perseo, che con lo scudo agisce contro Medusa per vincerla e comprendere, così, il mistero che in essa si racchiude.
E' significativo il fatto che nel libro Dimensioni di architettura -che nella prima parte, raccoglie in maniera organica, come una sorta di 'manifesto', i punti teorico-programmatici del Gruppo - gli autori, come introduzione al testo, abbiano posto un brano di Pablo Picasso che, nelle sue ultime righe, recita: «(...) Voglio svelare allo spettatore qualcosa che egli non è in grado di svelare senza di me. Così il mio scopo consiste nel mettere le cose in movimento, nel provocare questo movimento per mezzo di tensioni contraddittorie, di forze opposte, e in tale tensione e opposizione cogliere il momento che a me sembra più interessante».
Ma, per Metamorph, l'idea di complessità rappresenta, altresì, il rifiuto della determinazione di un sistema fisso di riferimento, di una concezione rigida da cui far discendere le soluzioni delle più diverse questioni; «(...) tradotta nello spazio vuol dire dunque pluridirezionalità, ritmi articolati e mutevoli, aperti, vuol dire patterns di relazione (maglie) basati su una geometria non elementare, ma individuabile in una percezione attiva nel tempo» . Tale nozione costituisce la matrice da cui discendono gli altri tre fondamentali "attributi concettuali dell'architettura": la tridimensionalità, l'autocontestazione, la ridondanza.
La tridimensionalità, trova la sua origine nell'espressione del rifiuto di tutto ciò che può rendere l'immagine della città un coacervo di forme disgregate, dovuto alla «squallida bidimensionalità dell'angolo retto giustapposto caoticamente a formare vuoti spaziali di risulta»; proprio a seguito di questo, «l'uomo ha perso ogni capacità di lettura della realtà, poiché non ha appigli al suo guardare ed agire disattento». Al contrario, la tridimensionalità ha il potere di stimolare l'attitudine percettiva dell'utente, «avviando un processo di relazione tra esperienze che si compiono in una pluralità di atti, di tempi, di scelte» il cui fine è quello di consentire ad esso la possibilità di recuperare «la coscienza della continuità dell'esperienza vitale». Per concludere, la tridimensionalità trova espressione nella scelta di insiemi di figure quali quelli «delle spirali, delle forme curve ad asse verticale, orizzontale, inclinato, delle coniche, dei sistemi piani inclinati» .
L'autocontestazione, che nasce dal suo rapporto con differenti sistemi, è la diretta espressione dell'atto configurativo. La sua esperienza porta a ritenere insussistenti le soluzioni univoche. Essa punta «al superamento dall'interno degli stessi valori semantici che si propongono, aprendo il processo di autogenesi di nuove forme, nuove attività, nuovi aspetti percettivi delle stesse» e si concretizza «nel contrasto statico-dinamico come nella compresenza di varie scale» .
La ridondanza, parte dalla considerazione che, per raggiungere una nuova espressività, sia necessario che il linguaggio si renda disponibile a recepire, all'interno del proprio fare, nuovi soggetti e nuove sollecitazioni. Poiché le città sono «organizzate secondo schemi poveri, elementari, caotici, i piatti ambiti urbani non dicono più nulla all'uomo»; piuttosto, essi «uccidono in lui la fantasia, la gioia, la creatività»; allora, non potrà esservi altro obiettivo che quello di «riesumare dalla più fertile elaborazione del movimento moderno, come dalle più alte manifestazioni architettoniche del passato quel carattere di arricchimento dello spazio, che impegna alla ricerca di una continua espansione in forme e trame impensate, investendo però la scala di tutta la città» .
Alla convergenza dei quattro punti sopraccitati, si trova il concetto di metamorfismo che agisce, nei loro confronti, come un elemento polarizzante. Tale nozione «mira ad ampliare e a rinnovare la metodologia della progettazione con un nuovo modo di selezionare le molteplicità e le interdipendenze tra fenomeni e fatti oggettivi e percettivi». Esso deve essere considerato «più in senso programmatico che etimologicamente; ed, inoltre, più come volontà di strutturare i fatti semantici che come meccanismo di trasformazione fisica». Ciò che consente al metamorfismo «di esplorare la più completa gamma dei parametri comunicativi» è l'impiego delle valenze strutturali del linguaggio architettonico.
L'azione del Gruppo, nell'arco più che trentennale del suo tragitto, in stretta coerenza con il significato (questa volta) letterale del termine "metamorfosi" scelto per designare la sua identità, è sempre risultata sensibile allo Zeitgeist, attenta a registrare e ad interpretare, attraverso sottili oscillazioni del linguaggio, le trasformazioni della sensibilità contemporanea mantenendo, tuttavia, inalterati alcuni principi di base. Non è un caso che Alessandra Muntoni, nello scritto di presentazione del progetto dell'Istituto di Neuropsichiatria Infantile, dopo aver sottolineato l'intenzionalità di fondo che l'intervento sottende, abbia ritenuto di ribadire i punti cardine del loro vecchio 'manifesto', che si ritrovano nelle «parole chiave "complessità", "tridimensionalità", "autocontestazione", "ridondanza", che il nostro Studio aveva elaborato nel lontano 1971» .
A questo punto, prima di affrontare questioni più specifiche relative ai quattro progetti sopra annunciati, sarà utile considerare alcune significative tappe del lungo cammino di Metamorph, per recuperare il senso del suo disegno d'insieme.

Il Gruppo si forma nel 1963 , durante il periodo universitario, ma è nel 1965, con il progetto di "Un pattern metamorfico per la città", che la sua presenza prende corpo suscitando l'attenzione delle più importanti riviste nazionali. La proposta, prima significativa esperienza del loro itinerario formativo, deve essere considerata come una sorta di prototipo astratto, fuori da una dimensione territoriale determinata, da cui poi discenderanno una serie di soluzioni direttamente rivolte a contesti specifici. Lo studio si basa sull'ipotesi di affrancamento dei percorsi «dal ruolo tradizionalmente svolto nel concerto delle parti», osserva Costantino Dardi, al fine di recuperare quella posizione autonoma, di «struttura portante della configurazione», necessaria per potersi costituire come sistema. Da questo «deriva uno scompaginamento totale dell'impianto compositivo tradizionale, a favore di una quantità diffusa di elementi edilizi semplici, modulari, autosufficienti e prodotti industrialmente, dislocati liberamente lungo le tre coordinate cartesiane nello spazio e sottesi da una fitta trama di percorsi pedonali automatizzati ed automobilistici che automaticamente li connota come fatti urbani per eccellenza.
L'ipostatizzazione del ruolo dei percorsi ha conseguentemente dissolto le antiche componenti della strutturalità dell'immagine, ed ha cancellato l'originaria definizione dei rapporti tra architettura e città a favore di un pattern continuo e indeterminato, destinato ad investire come una metastasi la città ed il territorio» .
La rivista «Marcatrè» pubblicherà tale progetto insieme ai risultati del corso di Leonardo Savioli, sulla base del tema della "grande scala" e del comune tentativo di suo superamento attraverso una tensione utopica. E' interessante ricordare che nel gruppo fiorentino sono presenti alcuni degli studenti che, negli anni immediatamente successivi, saranno protagonisti del movimento radicale. Le intenzioni dei giovani progettisti, scrivono Paola Navone e Bruno Orlandoni, riferendosi alle esperienze fiorentine, ma le loro osservazioni potrebbero essere estese agli studi che, nello stesso periodo, si andavano svolgendo in area romana, come in quella milanese, torinese o veneziana , «sono abbastanza esplicite: giungere a una progettazione globale, a tutti i livelli, della città; inserirsi nel dibattito sulla nuova dimensione e utopia dell'architettura; esaltare la componente fantastica della prassi progettuale; superare il discorso funzionalista» , attraverso una ricerca linguistica attenta ad istanze sia di tipo storico ed estetico, che tecnologico.
A partire da tale posizione, peraltro arricchita dalla condivisione dell'interesse per la cultura pop, i gruppi andranno, con il serrato succedersi degli anni, sempre più precisando gli obiettivi delle loro ricerche in forma autonoma. In particolare, Archizoom e Superstudio (per citare due tra i gruppi fiorentini più noti) tenderanno ad accentuare la loro impronta radicale, sviluppando un impegno di tipo critico-ideologico che porterà ad un progressivo ridursi del loro interesse nei confronti degli aspetti tecnologici, per un'intensificazione di quelli fantastici; individuando, poi, un fruttuoso ambito di sperimentazione della loro ricerca nella piccola dimensione e recuperando interessanti sbocchi nel campo del design. Metamorph, al contrario, più incline alla riacquisizione e alla rimanipolazione dei materiali linguistici delle avanguardie storiche (Costruttivismo e Futurismo), andrà caratterizzandosi nell'individuazione di un sistema iconico che considera la tecnologia come riferimento di fondo e operando, come osserva Paolo Portoghesi, una rilettura in chiave strutturale del macchinismo, sottraendolo «alla sua dimensione» per trasformarlo in «matrice di una nuova forma della città, tesa a liberare ed esaltare tipi di comportamento e di funzione del territorio» .
Il progetto per un Nuovo tipo di Motel Agip (1968) può essere considerato un'importante testimonianza circa il raggiungimento del controllo del proprio linguaggio ; la sovrabbondanza di elementi connotativi, nei progetti della fase formativa, sembra aver lasciato definitivamente il posto ad un'espressione più attenta e controllata, che non rinuncia, tuttavia, alla forza coinvolgente racchiusa in quelle passate esperienze; l'impianto compositivo risulta ben delineato, come pure estremamente ricca e articolata è la determinazione dei volumi. Ma, soprattutto, l'opera attesta la volontà di Metamorph di trovare un punto di convergenza tra utopia e realtà, al fine di recuperare un ruolo più concreto, più stabile nel processo di modificazione del reale, una via praticabile per allontanarsi da quel cul de sac a cui conduce, secondo Manfredo Tafuri, un impiego improprio dell'utopia, quando viene usata come "comoda via d'uscita" dall'impegno che richiede la città contemporanea, nell'operare una necessaria trasformazione strutturale. Un esempio emblematico, in tal senso, è l'incisiva partecipazione di Gabriele De Giorgi alla redazione del piano per l'Asse Attrezzato (1967-70) della Capitale, nell'ambito dell'attività dello Studio Asse.
Un'ulteriore, rilevante espressione di questo 'realismo utopico' può considerarsi la sequenza delle 'strutture totalizzanti' sviluppate per i concorsi: della nuova Università di Firenze (1971); del Centro Direzionale di Perugia (1971), con Mario Fiorentino; della nuova Università della Calabria (1973).
Sul fronte più strettamente professionale -condotto, a volte, in maniera separata dai diversi membri dello Studio- ha, piuttosto, il sopravvento la sensibilità alla configurazione degli spazi, spesso lasciando cadere in secondo piano l'attenzione alla componente tecnologica o rendendola subalterna a ricerche di soluzioni formali, di dettaglio.
Il progetto per il Centro scolastico polivalente presso il lago di Idro, Brescia (1978) segna una prima, importante svolta nella ricerca del Gruppo.
Il meccanismo che regola lo sviluppo compositivo di tale organismo si basa sull'articolazione di quattro elementi: una piastra triangolare soprelevata (entro cui si trovano le aule), attraversata da una galleria coperta a vetri dove si concentrano le percorrenze interne; una spina, costituita da una sequenza sfalsata di volumi di "forma complessa", destinati alle attività scolastiche (palestra, biblioteca, mensa) ed extrascolastiche; la piazza coperta, situata nella zona sottostante la piastra e la spina; infine, i percorsi verticali e orizzontali che collegano i diversi corpi.
La peculiarità dell'impianto, risiede nell'effetto di sospensione ricavato dalla disposizione della piastra triangolare lungo il ciglio di un pendio, che trova un suo successivo sviluppo nel richiamo al progetto di Giuseppe Samonà per i Nuovi Uffici della Camera dei Deputati a Roma (1967). Sulla base di tale suggestione, gli autori procederanno nella determinazione dell'immagine attraverso un gioco di assonanze, di visioni molteplici, sollecitate, suggerite dalla dinamica delle percorrenze esterne, come certe coppie di immagini, sovrapposte e serigrafate su fogli metallizzati, che appaiono e scompaiono in maniera alterna, in base alla variazione dell'angolo di incidenza della luce sulla loro superficie.
Rispetto alle opere precedenti, l'elemento di novità sta nella rimarcata orizzontalità della sua parte superiore; si tratta di un segno forte, perentorio che si impone sul contesto in maniera 'esclusiva' come un limen , un confine alto dell'immagine che si staglia contro il cielo. Diversamente, nello spazio 'scavato' sottostante, l'organismo riguadagna una possibilità di rapporto minimale con l'intorno immediato.
Nel susseguirsi delle opere, ritroveremo questo tema formale, sviluppato con analoghe cadenze, anche se non sempre espresso in forma esplicita, come è il caso del progetto di riuso dell'ex vetreria Sciarra, a San Lorenzo (1992).
Si tratta di un complesso composto da due corpi di differente altezza, entrambi a base rettangolare, collegati tra loro da un passaggio. Il primo dei due volumi è delimitato da un incrocio di strade, il secondo si trova all'interno del lotto, inserito a tassello tra altri edifici.
Considerando la notevole frammentazione dei volumi e la condizione di degrado del contesto, per recuperare l'unità dell'insieme gli autori agiranno contrapponendo un elemento d'ordine, un punto di riferimento unificante rappresentato dall'introduzione di un grande lucernario dalla doppia copertura metallica trasparente dal profilo sinuoso -montata in controtendenza l'una rispetto all'altra e sorretta da un'esile struttura ad "ombrello" in tubolari d'acciaio.
In questo modo, l'immagine architettonica, come in precedenza, attraverso il posizionamento in alto del un corpo orizzontale, recupera una capacità espressiva particolarmente efficace: un segno di delimitazione dello sguardo, che è anche l'indice di una volontà di concepire la figura in una forma misurata.
La zona sottostante, invece, corrisponde ad un vuoto totalizzante (o, percepibile come tale) come quello di una mall, articolata su diversi livelli, destinati ad uffici e negozi; tale ambito, sottolineano i progettisti, «costituisce un vero e proprio sistema ordinatore con il ritmo dei pilastri (...) che traforano tutto l'esistente e sostengono i nuovi piani sotterranei destinati a garage» .

Lungo l'ampio tratto temporale scandito da queste due ultime opere, l'impegno di Metamorph ha continuato a procedere sul doppio fronte della ricerca teorica e dell'attività professionale.
Di questo secondo versante, il progetto di Casa in linea a corte aperta può rappresentare una significativa testimonianza che ci riconduce, nel contempo, alla fase più recente del loro lavoro.
La storia di questo progetto è piuttosto travagliata, per cui è necessario scomporla in due fasi corrispondenti a due differenti redazioni.
La prima, compresa tra il 1991 e il 1994, si sviluppa sulla base delle indicazioni del Piano di Zona di Tor Vergata, redatto da un gruppo di progettisti coordinato da Dardi. Lo schema configurativo, per la semplicità della sua concezione, può ricordare una lisca di pesce: un forte segno lineare di un viale alberato, impostato sul tracciato di un'antica strada romana e, lungo le due sponde, una serrata sequenza di case a corte aperta, rivolte verso la campagna; l'impianto è, inoltre, attraversato diagonalmente da brevi tratti di percorsi pedonali.
Nell'edificio di Metamorph, la fronte verso il viale viene caratterizzata facendo avanzare la parte centrale (la cui larghezza e pari a quella della corte che è alle sue spalle).Una successione seriale di intagli ai lati del volume, provocato dall'inserto di balconi, accentua il suo protendersi verso il viale. In alto, la figura si conclude con un volume semicircolare che domina su quelli ai suoi fianchi, ad andamento arcuato. «La copertura curva del corpo centrale e quella mistilinea dei corpi laterali», scrive Marcello Pazzaglini, «conferiscono una precisa riconoscibilità all'intero edificio. I riferimenti lontani sono quelli dei coronamenti mistilinei proposti dal barocco, ma quelli più recenti sono nelle sezioni terminali curve di molti degli edifici della scuola di Vienna dei primi anni del secolo» .
La determinazione formale dell'edificio si basa sulla sovrapposizione di tre diversi episodi: un piano terra circondato da un portico, dove sono i negozi; un corpo a tre livelli, destinato alle abitazioni (con tipologie simplex e duplex); ed uno, sempre residenziale, a due livelli più arretrato, in cui attraverso una scomposizione del volume, con l'impiego di piani curvi che ne modellano il corpo, viene articolato un gioco di coperture che ha il fine di rompere, sia la compostezza stereometrica dell'oggetto, che quella del rigido e lineare profilo degli altri interventi.
La decisione, 1994 e il 1996, di conservare in maniera organica le tracce affioranti del lontano passato, attraverso la costituzione di un parco archeologico, modificherà il piano, per cui il viale sarà interrotto.
Questo muta la posizione e l'orientamento dell'edificio che va ad attestarsi lungo la vecchia via di Tor Vergata; l'interno della corte viene a rivolgersi, questa volta, verso il parco archeologico.
La richiesta da parte della committenza, di porre dei pannelli solari in copertura, impone, la trasformazione del disegno conclusivo del corpo; la «soluzione scelta propone così una grande superficie piana di copertura», scrive Pazzaglini, «che si proietta oltre il perimetro del volume sottostante, una sorta di ponte di nave completamente libero con i volumi tecnici che riprendono il senso della asimmetria dei volumi che fuoriescono dal piano di volo delle portaerei» .
L'introduzione dei piani orizzontali modifica le caratteristiche del progetto introducendo un nuovo elemento risolutivo dell'edificio (che si concretizza nell'immagine del "piano di volo" della portaerei). L'aspetto interessante, in questa fase, pur drammatica, di ricerca di un nuovo equilibrio del progetto, è l'operazione di "metamorfosi" (in questo caso forzata) che subisce la copertura, passando dal tema della "complessità" (della prima soluzione) a quello di elemento 'ordinatore', o di riferimento, che segna il margine alto della costruzione; questo teme verrà ripreso, come vedremo, nel progetto di Asilo-nido per la Massimina (1998-99), un insediamento sorto in maniera spontanea lungo l'asse dell'Aurelia.
La costruzione si sviluppa su un terreno digradante verso il mare, ma in posizione emergente rispetto alle abitazioni circostanti. Pur essendo ad un solo piano, per l'importante funzione sociale che ricopre, essa tende a porsi nel duplice ruolo di presenza caratterizzante del luogo e rappresentativa della comunità.
La scelta di Metamorph sarà quella di configurare un oggetto, a un tempo, singolare ed aggressivo, in grado di attivare un processo problematico nella coscienza di che vi abita, stimolando lo sviluppo di un nuovo racconto urbano.
Il progetto (risultato tra i vincitori del premio annuale bandito dall'Eurosolar) si segnala, dunque, per l'incisività della sua immagine, frutto di un interessante connubio tra la determinazione di una spazialità fluida e dinamica -che è una delle costanti della ricerca di Metamorph- e l'enfatizzazione formale dell'apparato tecnologico, soprattutto relativo alla regolazione bioclimatica dell'organismo.
Il tema formale che l'oggetto architettonico sviluppa, è un piano (quello di copertura) sospeso, che gli autori avvicinano alla sagoma di un uccello, dal profilo segmentato.
L'effetto di sospensione che caratterizza la costruzione è determinato dall'accentuato arretramento delle pareti che involucrano l'organismo; il ché produce su di esse un intenso addensarsi di ombre. Tale singolare disegno perimetrale che «tende ad escludere l'ortogonalità e a favorire la molteplicità di direzioni libere in pianta e in sezione» , ispira (o, condiziona) la forma dello spazio, sia all'esterno che all'interno.
Al di fuori, l'immagine progettuale trova un suo, quasi necessario, compimento nell'impiego della copertura ventilata per le prestazioni bioclimatiche e, di conseguenza, nel posizionamento sulla copertura dei componenti dell'impianto che fendono il piano; «da un punto di vista architettonico», osservano gli autori, «gli shed e i camini caratterizzano volumetricamente l'edificio e si integrano con la sua forma planimetrica».
Attraverso gli shed si verifica la trasformazione per riflessione dei raggi solari in energia passiva che in inverno viene restituita sotto forma di calore, per riscaldare l'interno durante il giorno; mediante i camini del vento, poi, è controllato il continuo ricambio dell'aria; in questo modo, l'immissione di flussi freschi evitano l'impiego di condizionatori durante il periodo estivo.
Internamente, la spazialità è regolata dall'atrio che si sviluppa in un vasto ambiente di forma trapezoidale, illuminato dall'alto, utilizzato per le attività libere; lungo il suo perimetro si affacciano cinque blocchi funzionali: a) la portineria, il controllo sanitario e i servizi; b) l'ambiente della mensa; c) la sezione lattanti; d) la sezione semidivezzi; e) la sezione divezzi.
Il progetto per l'ampliamento dell'Istituto di Neuropsichiatria Infantile dell'Università degli Studi di Roma, nonostante la lunga gestazione e il suo lento sviluppo (l'incarico risale al 1982), non ha subito trasformazioni così gravi da comprometterne l'interno equilibrio.
Il complesso edilizio dove ha sede l'Istituto, appartiene ad un quartiere della fine dell'Ottocento piuttosto omogeneo, caratterizzato da una tipologia residenziale a corte.
Diversamente dagli edifici circostanti, il blocco si presentava come un insieme disorganico di volumi; in particolare, l'angolo interessato dall'intervento -un punto "storico" del quartiere San Lorenzo, in quanto demolito durante il famoso bombardamento del 1943- era occupato da una costruzione provvisoria a due piani.
Uno dei principali obiettivi dei progettisti sarà quello di trovare una forma di integrazione tra la preesistenza e il nuovo corpo, in modo da non farlo risultare «come un intruso, ma come un ospite discreto che lascia fluire sotto di sé la continuità dura e inesorabile dell'edificio esistente. Ma che, nel far questo, si costruisce una propria identità, una propria personalità» . Per raggiungere tale intento, essi operano sul doppio livello: della ricomposizione dell'unità del volume e della definizione dell'oggetto, attraverso un sottile processo di stratificazione di immagini, di memorie, di segni.
Per quanto riguarda il primo punto, essendo notevolmente ridotta la volumetria da costruire (a causa dei vincoli di Piano Regolatore), la scelta progettuale si indirizza verso la riconfigurazione dell'organismo, sistemandolo, quindi, su alti ed sottili pilotis, «in continuità con una linea di culmine del vecchio Istituto e della casa su via dei Piceni, in modo da chiudere sopra, idealmente, l'angolo urbano, riconquistando invece in basso il più libero uso del suolo» .
L'intervento viene distinto in quattro nuclei funzionali: il gruppo terapia, il centro adolescenti, il nucleo della Cattedra di Igiene Mentale e il centro antidroga. Sulla base di tale scansione i primi due nuclei verranno messi in contatto con agli spazi universitari, mentre i secondi due in diretto rapporto con il quartiere.
Riguardo alle valenze più direttamente legate all'immagine architettonica, l'itinerario configurativo, ha sviluppato due percorsi di tipo associativo. Il primo riguarda il problema della comunicazione, per cui punta a rendere l'oggetto familiare al pubblico attraverso una soluzione formale in grado di stimolare degli accostamenti a delle figure verso le quali ha già trasferito un gradiente di affettività (ad esempio, l'esile corpo tenuto in sospensione dalla sottile struttura metallica ha suggerito agli abitanti del quartiere, ricorda Alessandra Muntoni, la figura del fenicottero). Il secondo riguarda più direttamente la determinazione del suo percorso formale che procede per serrate sovrapposizioni di testimonianze storiche, di ricordi biografici, illuminazioni affettive, «(...) memore di immagini ottocentesche, ma anche progetti irrealizzati e ingiustamente dimenticati (le volte vitree delle gallerie, l'omaggio a Giuseppe Samonà per la Nuova Sede della Camera dei Deputati e, attraverso di lui, a Le Corbusier, alle avanguardie)».
Il continuo riaffiorare, da parte di Metamorph, dell'icona cara al maestro palermitano, il cui simulacro ormai sembra occupare un'importante posizione del panorama architettonico del Gruppo, ci porta all'ultima opera: il CCI (Centro Congressi Italia), all'EUR.
Il bando di concorso, nel richiedere la realizzazione di un «polo a fortissimo impatto di immagine e di prestigio internazionale, competitivo nel mercato mondiale», nello stesso tempo, sembrava lasciar trasparire la volontà di indirizzare i concorrenti verso soluzioni formali pervase da una certa contenuta aggressività, nonché da una marcata autoreferenzialità; una strada molto in voga, in un'epoca contrassegnata dalla globalizzazione, percorsa da quella particolare ideologia che Cynthia Davidson vede strettamente legata al rapporto che il capitale internazionale è andato stabilendo «con un nuovo minimalismo, con la light architecture e con la neo-tech» .
La scelta di Metamorph sarà quella di manifestare il totale rifiuto a lasciarsi condizionare dalla rigidità del reticolo su cui si fonda la spazialità del quartiere proponendo, di contro, un oggetto 'perturbante', capace di «mettere in discussione le certezze consolidate» . A tal fine, gli autori partiranno con l'isolare idealmente dal contesto le costruzioni più significative -i palazzi dei Ricevimenti e Congressi, della Civiltà Italiana, dello Sport, della Posta; i grattacieli Italia, Inps, IBM e quelli del Ministero dei Trasporti e delle Finanze; la chiesa di SS. Pietro e Paolo- considerando tali emergenze i nuovi punti di riferimento per la costituzione di una differente trama urbana, assolutamente libera da quella esistente, a cui far riferimento nella configurazione dell'edificio concorsuale. Questo modo di procedere, per la sua impostazione così decisamente esclusivista, ci fa tornare alla mente la realizzazione dell'attico di Charles de Beistegui lungo gli Champs Elysées (tra il 1930 e il 1931); anche in quel caso, infatti, si trattava di dare l'avvio ad un'operazione fortemente selettiva nei confronti del paesaggio urbano, quello di Parigi. Così, il dandy surrealista chiederà a Le Corbusier di realizzargli un'habitation de pleisance provvista di perspectives émouvantes, e questo attraverso l'installazione di siepi-diaframma poste lungo il perimetro esterno dell'attico . Il fine è, appunto, quello di nascondere il panorama edilizio circostante, lasciando però dei varchi aperti in corrispondenza di alcuni monumenti particolarmente significativi, quali: l'Arc-de-Trionphe, la Tour Eiffel, il Sacré Coeur e gli Champs-Élysées che fanno da sfondo sia alle Tuileries che a Notre-Dame.
Questo richiamo all'avanguardia storica ci consente di porre l'accento sull'esigenza, manifestata in tempi recenti da Metamorph, a ripercorrere in chiave critica questa importante fase
storica del Novecento; una riflessione che, come è prassi del Gruppo, è avvenuta sia in chiave teorico-critica, che progettuale: attraverso il libro di De Giorgi, La terza avanguardia ed ora, con il progetto per il CCI.
L'impostazione spaziale dell'organismo fonda il suo processo configurativo sull'incastro di due corpi. Il primo di questi è cavo e prende forma dal tracciato del perimetro di base corrispondente a una porzione di cerchio; un'unica parete curva, che ne disegna la volumetria, funge da schermo multivisuale in grado di trasmettere, con il contributo di adeguati operatori dell'immagine, all'esterno (verso la città), come all'interno (negli ampi spazi di attraversamento), scenari, messaggi, «informazioni su eventi di vita quotidiana o tematiche generali» ; la sua altezza è pari alle emergenze con le quali idealmente si confronta. La corda del segmento di circonferenza, coincidente con la diagonale del lotto, è rappresentata visivamente da una struttura aerea, destinata a rappresentare una «linea di orizzonte artificiale» , che accoglie gli uffici e gli spazi di servizio. Gli elementi che designano la figura: il corpo rettilineo sospeso, la zona cava sottostante, richiamano, nella struttura dell'immagine, l'opera di Samonà più volte ricordata.
Il secondo corpo, più basso, si sviluppa attorno al profilo basamentale di un frammento di ellisse, che si conclude con una copertura posta diagonalmente; al suo interno si trovano le sale per i convegni.
Tra i due volumi, si snoda un passage, uno spazio pubblico che, come un suk arabo, è coperto da una morbida superficie sospesa ai due estremi; il suo intento, è quello di offrirsi come luogo di incontro e di relazione con l'immediato intorno, realizzando, in questo modo, «un continuum di giardini, alberi, arredi» .
E' interessante notare come, in analogia con altri progetti precedenti, il rifiuto selettivo nei confronti del contesto si trasformi, per quello che attiene al livello pedonale, in una sorta di apertura 'inclusivista' verso l'ambiente circostante, che segnala la sensibilità, la disponibilità dell'organismo a ricevere al suo interno il fluire della 'quotidianità' della vita, del tumultuoso e incessante intrecciarsi degli eventi; di questo, peraltro, anche la stessa immagine dell'oggetto si rende rappresentativa. Così, i due livelli apparentemente opposti (inclusivista/esclusivista), nello svolgimento del progetto, andranno a confondersi con una sterminata maglia di altre connessioni dando origine a sviluppi suggestivi e densi di significato.
La sala dell'auditorium di forma semicircolare, posta all'esterno dei due corpi, coperta da un piano che segue un andamento curvilineo, nell'incontro con la parete-schermo si interrompe, determinando, così, un ulteriore frammento di figura.
Quest'ultima componente dell'organismo, ci porta a sottolineare una delle peculiarità del progetto: il suo non procedere più per volumi, ma per piani; più precisamente, è il piano a suggerire il volume rimanendo sostanzialmente sé stesso. In questo modo il progetto va avanti attraverso un succedersi di superfici curve che si avvolgono l'una all'interno dell'altra, avviluppando altri piani configurando spazi. Tali insiemi di blocchi armonici, pur alludendo a figure tridimensionali, trovano una loro interna necessità a fondersi solo attraverso la determinazione formale della logica interna al processo che li governa; come in un ideale fuga musicale, in cui le valenze compositive del brano vengono stabilite da gerarchie, cadenze, posizioni, intersezioni, trasparenze, vibrazioni.
Se è eccessivo forse affermare che questo progetto segna un ulteriore punto di svolta della ricerca di Metamorph, certamente non è difficile intravedere in esso un interessante esperimento di 'fusione', e di rielaborazione creativa, delle esperienze passate, un suggestivo incrociarsi di temi, quali: complessità, stratificazione, compresenza degli opposti, tecnologia, casualità, ordine, gusto della rammemorazione
Il Gruppo Metamorph, fin dagli anni della sua formazione, ha sentito l'esigenza di orientare la propria ricerca secondo un duplice indirizzo, sia di tipo teorico che progettuale. Nel primo caso, attraverso scritti di differente impegno (quali, articoli, studi, saggi) e l'azione di approfondimento critico (nonché di stimolo al dibattito culturale), svolta con la rivista «Metamorfosi» a partire dal 1985; nel secondo, tramite la continua sperimentazione degli interni equilibri attraverso cui trovano la propria determinazione la struttura e la forma dello spazio.
Testimoni più recenti della metodologia di sviluppo del proprio fare, praticata da Metamorph, sono quattro opere, tutte rivolte all'area romana: la Casa a corte, a Tor Vergata (1991-99); l'Asilo-nido, alla Massimina (1998-99); l'Istituto di Neuropsichiatria Infantile, a San Lorenzo (1982-98); il CCI (Centro Congressi Italia), all'EUR (1998).
Pur distanti tra loro per le destinazioni d'uso e per le difformi peculiarità dell'impegno progettuale, tali lavori risultano, tuttavia, idealmente collegati da un filo logico che li attraversa, come si può arguire dalla ricorrenza, nei vari percorsi ideativi, di un costante criterio di impostazione programmatica e di conseguenti scelte formali. Per questa ragione, essi andrebbero più opportunamente letti come maniere diverse di regolare il rapporto tra l'approccio teorico e quello sperimentale o, anche, come criteri distinti per ricondurre le problematiche, assunte dall'esperienza del reale, all'interno di un rigido impianto concettuale.
Tale caratteristico modo di procedere, nelle singole fasi progettuali -a un tempo, analitico, scompositivo, narrativo- per raggiungere l'obiettivo prefigurato e per dare forma compiuta all'ipotesi configurativa, suggerisce una stimolante analogia con ricerche sperimentali in campo letterario, operate sulla struttura del romanzo, a partire da quella di John Dos Passos: Il 42° parallelo; dove l'autore, nella sfera della stessa costruzione narrativa, joycianamente, impiega obiettivi o strumenti di osservazione diseguali, metri di lettura della realtà dissimili, corrispondenti ad altrettanti modi di relazionarsi ad essa: ora adottando il newsreel (un effetto potentemente evocativo), ora la biography (vivido resoconto della vita di alcuni personaggi emblematici) e, infine, la camera eye (il filo conduttore che lega tutti gli eventi conferendo loro un senso).
Tale riferimento ha il fine di porre nella giusta prospettiva una delle tematiche cruciali che sostanzia il carattere della ricerca espressiva di Metamorph, che è quella della complessità.
Lo spazio in cui viviamo si presenta in una forma complessa in quanto stratificata, composta da elementi sovrapposti in maniera incoerente o, secondo un principio organizzatore di non facile identificazione. Compito dell'architettura è quello di porsi come uno specchio difronte a tale realtà per rifletterne l'immagine al fine di potersene appropriare; non diversamente da Perseo, che con lo scudo agisce contro Medusa per vincerla e comprendere, così, il mistero che in essa si racchiude.
E' significativo il fatto che nel libro Dimensioni di architettura -che nella prima parte, raccoglie in maniera organica, come una sorta di 'manifesto', i punti teorico-programmatici del Gruppo - gli autori, come introduzione al testo, abbiano posto un brano di Pablo Picasso che, nelle sue ultime righe, recita: «(...) Voglio svelare allo spettatore qualcosa che egli non è in grado di svelare senza di me. Così il mio scopo consiste nel mettere le cose in movimento, nel provocare questo movimento per mezzo di tensioni contraddittorie, di forze opposte, e in tale tensione e opposizione cogliere il momento che a me sembra più interessante».
Ma, per Metamorph, l'idea di complessità rappresenta, altresì, il rifiuto della determinazione di un sistema fisso di riferimento, di una concezione rigida da cui far discendere le soluzioni delle più diverse questioni; «(...) tradotta nello spazio vuol dire dunque pluridirezionalità, ritmi articolati e mutevoli, aperti, vuol dire patterns di relazione (maglie) basati su una geometria non elementare, ma individuabile in una percezione attiva nel tempo» . Tale nozione costituisce la matrice da cui discendono gli altri tre fondamentali "attributi concettuali dell'architettura": la tridimensionalità, l'autocontestazione, la ridondanza.
La tridimensionalità, trova la sua origine nell'espressione del rifiuto di tutto ciò che può rendere l'immagine della città un coacervo di forme disgregate, dovuto alla «squallida bidimensionalità dell'angolo retto giustapposto caoticamente a formare vuoti spaziali di risulta»; proprio a seguito di questo, «l'uomo ha perso ogni capacità di lettura della realtà, poiché non ha appigli al suo guardare ed agire disattento». Al contrario, la tridimensionalità ha il potere di stimolare l'attitudine percettiva dell'utente, «avviando un processo di relazione tra esperienze che si compiono in una pluralità di atti, di tempi, di scelte» il cui fine è quello di consentire ad esso la possibilità di recuperare «la coscienza della continuità dell'esperienza vitale». Per concludere, la tridimensionalità trova espressione nella scelta di insiemi di figure quali quelli «delle spirali, delle forme curve ad asse verticale, orizzontale, inclinato, delle coniche, dei sistemi piani inclinati» .
L'autocontestazione, che nasce dal suo rapporto con differenti sistemi, è la diretta espressione dell'atto configurativo. La sua esperienza porta a ritenere insussistenti le soluzioni univoche. Essa punta «al superamento dall'interno degli stessi valori semantici che si propongono, aprendo il processo di autogenesi di nuove forme, nuove attività, nuovi aspetti percettivi delle stesse» e si concretizza «nel contrasto statico-dinamico come nella compresenza di varie scale» .
La ridondanza, parte dalla considerazione che, per raggiungere una nuova espressività, sia necessario che il linguaggio si renda disponibile a recepire, all'interno del proprio fare, nuovi soggetti e nuove sollecitazioni. Poiché le città sono «organizzate secondo schemi poveri, elementari, caotici, i piatti ambiti urbani non dicono più nulla all'uomo»; piuttosto, essi «uccidono in lui la fantasia, la gioia, la creatività»; allora, non potrà esservi altro obiettivo che quello di «riesumare dalla più fertile elaborazione del movimento moderno, come dalle più alte manifestazioni architettoniche del passato quel carattere di arricchimento dello spazio, che impegna alla ricerca di una continua espansione in forme e trame impensate, investendo però la scala di tutta la città» .
Alla convergenza dei quattro punti sopraccitati, si trova il concetto di metamorfismo che agisce, nei loro confronti, come un elemento polarizzante. Tale nozione «mira ad ampliare e a rinnovare la metodologia della progettazione con un nuovo modo di selezionare le molteplicità e le interdipendenze tra fenomeni e fatti oggettivi e percettivi». Esso deve essere considerato «più in senso programmatico che etimologicamente; ed, inoltre, più come volontà di strutturare i fatti semantici che come meccanismo di trasformazione fisica». Ciò che consente al metamorfismo «di esplorare la più completa gamma dei parametri comunicativi» è l'impiego delle valenze strutturali del linguaggio architettonico.
L'azione del Gruppo, nell'arco più che trentennale del suo tragitto, in stretta coerenza con il significato (questa volta) letterale del termine "metamorfosi" scelto per designare la sua identità, è sempre risultata sensibile allo Zeitgeist, attenta a registrare e ad interpretare, attraverso sottili oscillazioni del linguaggio, le trasformazioni della sensibilità contemporanea mantenendo, tuttavia, inalterati alcuni principi di base. Non è un caso che Alessandra Muntoni, nello scritto di presentazione del progetto dell'Istituto di Neuropsichiatria Infantile, dopo aver sottolineato l'intenzionalità di fondo che l'intervento sottende, abbia ritenuto di ribadire i punti cardine del loro vecchio 'manifesto', che si ritrovano nelle «parole chiave "complessità", "tridimensionalità", "autocontestazione", "ridondanza", che il nostro Studio aveva elaborato nel lontano 1971» .
A questo punto, prima di affrontare questioni più specifiche relative ai quattro progetti sopra annunciati, sarà utile considerare alcune significative tappe del lungo cammino di Metamorph, per recuperare il senso del suo disegno d'insieme.

Il Gruppo si forma nel 1963 , durante il periodo universitario, ma è nel 1965, con il progetto di "Un pattern metamorfico per la città", che la sua presenza prende corpo suscitando l'attenzione delle più importanti riviste nazionali. La proposta, prima significativa esperienza del loro itinerario formativo, deve essere considerata come una sorta di prototipo astratto, fuori da una dimensione territoriale determinata, da cui poi discenderanno una serie di soluzioni direttamente rivolte a contesti specifici. Lo studio si basa sull'ipotesi di affrancamento dei percorsi «dal ruolo tradizionalmente svolto nel concerto delle parti», osserva Costantino Dardi, al fine di recuperare quella posizione autonoma, di «struttura portante della configurazione», necessaria per potersi costituire come sistema. Da questo «deriva uno scompaginamento totale dell'impianto compositivo tradizionale, a favore di una quantità diffusa di elementi edilizi semplici, modulari, autosufficienti e prodotti industrialmente, dislocati liberamente lungo le tre coordinate cartesiane nello spazio e sottesi da una fitta trama di percorsi pedonali automatizzati ed automobilistici che automaticamente li connota come fatti urbani per eccellenza.
L'ipostatizzazione del ruolo dei percorsi ha conseguentemente dissolto le antiche componenti della strutturalità dell'immagine, ed ha cancellato l'originaria definizione dei rapporti tra architettura e città a favore di un pattern continuo e indeterminato, destinato ad investire come una metastasi la città ed il territorio» .
La rivista «Marcatrè» pubblicherà tale progetto insieme ai risultati del corso di Leonardo Savioli, sulla base del tema della "grande scala" e del comune tentativo di suo superamento attraverso una tensione utopica. E' interessante ricordare che nel gruppo fiorentino sono presenti alcuni degli studenti che, negli anni immediatamente successivi, saranno protagonisti del movimento radicale. Le intenzioni dei giovani progettisti, scrivono Paola Navone e Bruno Orlandoni, riferendosi alle esperienze fiorentine, ma le loro osservazioni potrebbero essere estese agli studi che, nello stesso periodo, si andavano svolgendo in area romana, come in quella milanese, torinese o veneziana , «sono abbastanza esplicite: giungere a una progettazione globale, a tutti i livelli, della città; inserirsi nel dibattito sulla nuova dimensione e utopia dell'architettura; esaltare la componente fantastica della prassi progettuale; superare il discorso funzionalista» , attraverso una ricerca linguistica attenta ad istanze sia di tipo storico ed estetico, che tecnologico.
A partire da tale posizione, peraltro arricchita dalla condivisione dell'interesse per la cultura pop, i gruppi andranno, con il serrato succedersi degli anni, sempre più precisando gli obiettivi delle loro ricerche in forma autonoma. In particolare, Archizoom e Superstudio (per citare due tra i gruppi fiorentini più noti) tenderanno ad accentuare la loro impronta radicale, sviluppando un impegno di tipo critico-ideologico che porterà ad un progressivo ridursi del loro interesse nei confronti degli aspetti tecnologici, per un'intensificazione di quelli fantastici; individuando, poi, un fruttuoso ambito di sperimentazione della loro ricerca nella piccola dimensione e recuperando interessanti sbocchi nel campo del design. Metamorph, al contrario, più incline alla riacquisizione e alla rimanipolazione dei materiali linguistici delle avanguardie storiche (Costruttivismo e Futurismo), andrà caratterizzandosi nell'individuazione di un sistema iconico che considera la tecnologia come riferimento di fondo e operando, come osserva Paolo Portoghesi, una rilettura in chiave strutturale del macchinismo, sottraendolo «alla sua dimensione» per trasformarlo in «matrice di una nuova forma della città, tesa a liberare ed esaltare tipi di comportamento e di funzione del territorio» .
Il progetto per un Nuovo tipo di Motel Agip (1968) può essere considerato un'importante testimonianza circa il raggiungimento del controllo del proprio linguaggio ; la sovrabbondanza di elementi connotativi, nei progetti della fase formativa, sembra aver lasciato definitivamente il posto ad un'espressione più attenta e controllata, che non rinuncia, tuttavia, alla forza coinvolgente racchiusa in quelle passate esperienze; l'impianto compositivo risulta ben delineato, come pure estremamente ricca e articolata è la determinazione dei volumi. Ma, soprattutto, l'opera attesta la volontà di Metamorph di trovare un punto di convergenza tra utopia e realtà, al fine di recuperare un ruolo più concreto, più stabile nel processo di modificazione del reale, una via praticabile per allontanarsi da quel cul de sac a cui conduce, secondo Manfredo Tafuri, un impiego improprio dell'utopia, quando viene usata come "comoda via d'uscita" dall'impegno che richiede la città contemporanea, nell'operare una necessaria trasformazione strutturale. Un esempio emblematico, in tal senso, è l'incisiva partecipazione di Gabriele De Giorgi alla redazione del piano per l'Asse Attrezzato (1967-70) della Capitale, nell'ambito dell'attività dello Studio Asse.
Un'ulteriore, rilevante espressione di questo 'realismo utopico' può considerarsi la sequenza delle 'strutture totalizzanti' sviluppate per i concorsi: della nuova Università di Firenze (1971); del Centro Direzionale di Perugia (1971), con Mario Fiorentino; della nuova Università della Calabria (1973).
Sul fronte più strettamente professionale -condotto, a volte, in maniera separata dai diversi membri dello Studio- ha, piuttosto, il sopravvento la sensibilità alla configurazione degli spazi, spesso lasciando cadere in secondo piano l'attenzione alla componente tecnologica o rendendola subalterna a ricerche di soluzioni formali, di dettaglio.
Il progetto per il Centro scolastico polivalente presso il lago di Idro, Brescia (1978) segna una prima, importante svolta nella ricerca del Gruppo.
Il meccanismo che regola lo sviluppo compositivo di tale organismo si basa sull'articolazione di quattro elementi: una piastra triangolare soprelevata (entro cui si trovano le aule), attraversata da una galleria coperta a vetri dove si concentrano le percorrenze interne; una spina, costituita da una sequenza sfalsata di volumi di "forma complessa", destinati alle attività scolastiche (palestra, biblioteca, mensa) ed extrascolastiche; la piazza coperta, situata nella zona sottostante la piastra e la spina; infine, i percorsi verticali e orizzontali che collegano i diversi corpi.
La peculiarità dell'impianto, risiede nell'effetto di sospensione ricavato dalla disposizione della piastra triangolare lungo il ciglio di un pendio, che trova un suo successivo sviluppo nel richiamo al progetto di Giuseppe Samonà per i Nuovi Uffici della Camera dei Deputati a Roma (1967). Sulla base di tale suggestione, gli autori procederanno nella determinazione dell'immagine attraverso un gioco di assonanze, di visioni molteplici, sollecitate, suggerite dalla dinamica delle percorrenze esterne, come certe coppie di immagini, sovrapposte e serigrafate su fogli metallizzati, che appaiono e scompaiono in maniera alterna, in base alla variazione dell'angolo di incidenza della luce sulla loro superficie.
Rispetto alle opere precedenti, l'elemento di novità sta nella rimarcata orizzontalità della sua parte superiore; si tratta di un segno forte, perentorio che si impone sul contesto in maniera 'esclusiva' come un limen , un confine alto dell'immagine che si staglia contro il cielo. Diversamente, nello spazio 'scavato' sottostante, l'organismo riguadagna una possibilità di rapporto minimale con l'intorno immediato.
Nel susseguirsi delle opere, ritroveremo questo tema formale, sviluppato con analoghe cadenze, anche se non sempre espresso in forma esplicita, come è il caso del progetto di riuso dell'ex vetreria Sciarra, a San Lorenzo (1992).
Si tratta di un complesso composto da due corpi di differente altezza, entrambi a base rettangolare, collegati tra loro da un passaggio. Il primo dei due volumi è delimitato da un incrocio di strade, il secondo si trova all'interno del lotto, inserito a tassello tra altri edifici.
Considerando la notevole frammentazione dei volumi e la condizione di degrado del contesto, per recuperare l'unità dell'insieme gli autori agiranno contrapponendo un elemento d'ordine, un punto di riferimento unificante rappresentato dall'introduzione di un grande lucernario dalla doppia copertura metallica trasparente dal profilo sinuoso -montata in controtendenza l'una rispetto all'altra e sorretta da un'esile struttura ad "ombrello" in tubolari d'acciaio.
In questo modo, l'immagine architettonica, come in precedenza, attraverso il posizionamento in alto del un corpo orizzontale, recupera una capacità espressiva particolarmente efficace: un segno di delimitazione dello sguardo, che è anche l'indice di una volontà di concepire la figura in una forma misurata.
La zona sottostante, invece, corrisponde ad un vuoto totalizzante (o, percepibile come tale) come quello di una mall, articolata su diversi livelli, destinati ad uffici e negozi; tale ambito, sottolineano i progettisti, «costituisce un vero e proprio sistema ordinatore con il ritmo dei pilastri (...) che traforano tutto l'esistente e sostengono i nuovi piani sotterranei destinati a garage» .

Lungo l'ampio tratto temporale scandito da queste due ultime opere, l'impegno di Metamorph ha continuato a procedere sul doppio fronte della ricerca teorica e dell'attività professionale.
Di questo secondo versante, il progetto di Casa in linea a corte aperta può rappresentare una significativa testimonianza che ci riconduce, nel contempo, alla fase più recente del loro lavoro.
La storia di questo progetto è piuttosto travagliata, per cui è necessario scomporla in due fasi corrispondenti a due differenti redazioni.
La prima, compresa tra il 1991 e il 1994, si sviluppa sulla base delle indicazioni del Piano di Zona di Tor Vergata, redatto da un gruppo di progettisti coordinato da Dardi. Lo schema configurativo, per la semplicità della sua concezione, può ricordare una lisca di pesce: un forte segno lineare di un viale alberato, impostato sul tracciato di un'antica strada romana e, lungo le due sponde, una serrata sequenza di case a corte aperta, rivolte verso la campagna; l'impianto è, inoltre, attraversato diagonalmente da brevi tratti di percorsi pedonali.
Nell'edificio di Metamorph, la fronte verso il viale viene caratterizzata facendo avanzare la parte centrale (la cui larghezza e pari a quella della corte che è alle sue spalle).Una successione seriale di intagli ai lati del volume, provocato dall'inserto di balconi, accentua il suo protendersi verso il viale. In alto, la figura si conclude con un volume semicircolare che domina su quelli ai suoi fianchi, ad andamento arcuato. «La copertura curva del corpo centrale e quella mistilinea dei corpi laterali», scrive Marcello Pazzaglini, «conferiscono una precisa riconoscibilità all'intero edificio. I riferimenti lontani sono quelli dei coronamenti mistilinei proposti dal barocco, ma quelli più recenti sono nelle sezioni terminali curve di molti degli edifici della scuola di Vienna dei primi anni del secolo» .
La determinazione formale dell'edificio si basa sulla sovrapposizione di tre diversi episodi: un piano terra circondato da un portico, dove sono i negozi; un corpo a tre livelli, destinato alle abitazioni (con tipologie simplex e duplex); ed uno, sempre residenziale, a due livelli più arretrato, in cui attraverso una scomposizione del volume, con l'impiego di piani curvi che ne modellano il corpo, viene articolato un gioco di coperture che ha il fine di rompere, sia la compostezza stereometrica dell'oggetto, che quella del rigido e lineare profilo degli altri interventi.
La decisione, 1994 e il 1996, di conservare in maniera organica le tracce affioranti del lontano passato, attraverso la costituzione di un parco archeologico, modificherà il piano, per cui il viale sarà interrotto.
Questo muta la posizione e l'orientamento dell'edificio che va ad attestarsi lungo la vecchia via di Tor Vergata; l'interno della corte viene a rivolgersi, questa volta, verso il parco archeologico.
La richiesta da parte della committenza, di porre dei pannelli solari in copertura, impone, la trasformazione del disegno conclusivo del corpo; la «soluzione scelta propone così una grande superficie piana di copertura», scrive Pazzaglini, «che si proietta oltre il perimetro del volume sottostante, una sorta di ponte di nave completamente libero con i volumi tecnici che riprendono il senso della asimmetria dei volumi che fuoriescono dal piano di volo delle portaerei» .
L'introduzione dei piani orizzontali modifica le caratteristiche del progetto introducendo un nuovo elemento risolutivo dell'edificio (che si concretizza nell'immagine del "piano di volo" della portaerei). L'aspetto interessante, in questa fase, pur drammatica, di ricerca di un nuovo equilibrio del progetto, è l'operazione di "metamorfosi" (in questo caso forzata) che subisce la copertura, passando dal tema della "complessità" (della prima soluzione) a quello di elemento 'ordinatore', o di riferimento, che segna il margine alto della costruzione; questo teme verrà ripreso, come vedremo, nel progetto di Asilo-nido per la Massimina (1998-99), un insediamento sorto in maniera spontanea lungo l'asse dell'Aurelia.
La costruzione si sviluppa su un terreno digradante verso il mare, ma in posizione emergente rispetto alle abitazioni circostanti. Pur essendo ad un solo piano, per l'importante funzione sociale che ricopre, essa tende a porsi nel duplice ruolo di presenza caratterizzante del luogo e rappresentativa della comunità.
La scelta di Metamorph sarà quella di configurare un oggetto, a un tempo, singolare ed aggressivo, in grado di attivare un processo problematico nella coscienza di che vi abita, stimolando lo sviluppo di un nuovo racconto urbano.
Il progetto (risultato tra i vincitori del premio annuale bandito dall'Eurosolar) si segnala, dunque, per l'incisività della sua immagine, frutto di un interessante connubio tra la determinazione di una spazialità fluida e dinamica -che è una delle costanti della ricerca di Metamorph- e l'enfatizzazione formale dell'apparato tecnologico, soprattutto relativo alla regolazione bioclimatica dell'organismo.
Il tema formale che l'oggetto architettonico sviluppa, è un piano (quello di copertura) sospeso, che gli autori avvicinano alla sagoma di un uccello, dal profilo segmentato.
L'effetto di sospensione che caratterizza la costruzione è determinato dall'accentuato arretramento delle pareti che involucrano l'organismo; il ché produce su di esse un intenso addensarsi di ombre. Tale singolare disegno perimetrale che «tende ad escludere l'ortogonalità e a favorire la molteplicità di direzioni libere in pianta e in sezione» , ispira (o, condiziona) la forma dello spazio, sia all'esterno che all'interno.
Al di fuori, l'immagine progettuale trova un suo, quasi necessario, compimento nell'impiego della copertura ventilata per le prestazioni bioclimatiche e, di conseguenza, nel posizionamento sulla copertura dei componenti dell'impianto che fendono il piano; «da un punto di vista architettonico», osservano gli autori, «gli shed e i camini caratterizzano volumetricamente l'edificio e si integrano con la sua forma planimetrica».
Attraverso gli shed si verifica la trasformazione per riflessione dei raggi solari in energia passiva che in inverno viene restituita sotto forma di calore, per riscaldare l'interno durante il giorno; mediante i camini del vento, poi, è controllato il continuo ricambio dell'aria; in questo modo, l'immissione di flussi freschi evitano l'impiego di condizionatori durante il periodo estivo.
Internamente, la spazialità è regolata dall'atrio che si sviluppa in un vasto ambiente di forma trapezoidale, illuminato dall'alto, utilizzato per le attività libere; lungo il suo perimetro si affacciano cinque blocchi funzionali: a) la portineria, il controllo sanitario e i servizi; b) l'ambiente della mensa; c) la sezione lattanti; d) la sezione semidivezzi; e) la sezione divezzi.
Il progetto per l'ampliamento dell'Istituto di Neuropsichiatria Infantile dell'Università degli Studi di Roma, nonostante la lunga gestazione e il suo lento sviluppo (l'incarico risale al 1982), non ha subito trasformazioni così gravi da comprometterne l'interno equilibrio.
Il complesso edilizio dove ha sede l'Istituto, appartiene ad un quartiere della fine dell'Ottocento piuttosto omogeneo, caratterizzato da una tipologia residenziale a corte.
Diversamente dagli edifici circostanti, il blocco si presentava come un insieme disorganico di volumi; in particolare, l'angolo interessato dall'intervento -un punto "storico" del quartiere San Lorenzo, in quanto demolito durante il famoso bombardamento del 1943- era occupato da una costruzione provvisoria a due piani.
Uno dei principali obiettivi dei progettisti sarà quello di trovare una forma di integrazione tra la preesistenza e il nuovo corpo, in modo da non farlo risultare «come un intruso, ma come un ospite discreto che lascia fluire sotto di sé la continuità dura e inesorabile dell'edificio esistente. Ma che, nel far questo, si costruisce una propria identità, una propria personalità» . Per raggiungere tale intento, essi operano sul doppio livello: della ricomposizione dell'unità del volume e della definizione dell'oggetto, attraverso un sottile processo di stratificazione di immagini, di memorie, di segni.
Per quanto riguarda il primo punto, essendo notevolmente ridotta la volumetria da costruire (a causa dei vincoli di Piano Regolatore), la scelta progettuale si indirizza verso la riconfigurazione dell'organismo, sistemandolo, quindi, su alti ed sottili pilotis, «in continuità con una linea di culmine del vecchio Istituto e della casa su via dei Piceni, in modo da chiudere sopra, idealmente, l'angolo urbano, riconquistando invece in basso il più libero uso del suolo» .
L'intervento viene distinto in quattro nuclei funzionali: il gruppo terapia, il centro adolescenti, il nucleo della Cattedra di Igiene Mentale e il centro antidroga. Sulla base di tale scansione i primi due nuclei verranno messi in contatto con agli spazi universitari, mentre i secondi due in diretto rapporto con il quartiere.
Riguardo alle valenze più direttamente legate all'immagine architettonica, l'itinerario configurativo, ha sviluppato due percorsi di tipo associativo. Il primo riguarda il problema della comunicazione, per cui punta a rendere l'oggetto familiare al pubblico attraverso una soluzione formale in grado di stimolare degli accostamenti a delle figure verso le quali ha già trasferito un gradiente di affettività (ad esempio, l'esile corpo tenuto in sospensione dalla sottile struttura metallica ha suggerito agli abitanti del quartiere, ricorda Alessandra Muntoni, la figura del fenicottero). Il secondo riguarda più direttamente la determinazione del suo percorso formale che procede per serrate sovrapposizioni di testimonianze storiche, di ricordi biografici, illuminazioni affettive, «(...) memore di immagini ottocentesche, ma anche progetti irrealizzati e ingiustamente dimenticati (le volte vitree delle gallerie, l'omaggio a Giuseppe Samonà per la Nuova Sede della Camera dei Deputati e, attraverso di lui, a Le Corbusier, alle avanguardie)».
Il continuo riaffiorare, da parte di Metamorph, dell'icona cara al maestro palermitano, il cui simulacro ormai sembra occupare un'importante posizione del panorama architettonico del Gruppo, ci porta all'ultima opera: il CCI (Centro Congressi Italia), all'EUR.
Il bando di concorso, nel richiedere la realizzazione di un «polo a fortissimo impatto di immagine e di prestigio internazionale, competitivo nel mercato mondiale», nello stesso tempo, sembrava lasciar trasparire la volontà di indirizzare i concorrenti verso soluzioni formali pervase da una certa contenuta aggressività, nonché da una marcata autoreferenzialità; una strada molto in voga, in un'epoca contrassegnata dalla globalizzazione, percorsa da quella particolare ideologia che Cynthia Davidson vede strettamente legata al rapporto che il capitale internazionale è andato stabilendo «con un nuovo minimalismo, con la light architecture e con la neo-tech» .
La scelta di Metamorph sarà quella di manifestare il totale rifiuto a lasciarsi condizionare dalla rigidità del reticolo su cui si fonda la spazialità del quartiere proponendo, di contro, un oggetto 'perturbante', capace di «mettere in discussione le certezze consolidate» . A tal fine, gli autori partiranno con l'isolare idealmente dal contesto le costruzioni più significative -i palazzi dei Ricevimenti e Congressi, della Civiltà Italiana, dello Sport, della Posta; i grattacieli Italia, Inps, IBM e quelli del Ministero dei Trasporti e delle Finanze; la chiesa di SS. Pietro e Paolo- considerando tali emergenze i nuovi punti di riferimento per la costituzione di una differente trama urbana, assolutamente libera da quella esistente, a cui far riferimento nella configurazione dell'edificio concorsuale. Questo modo di procedere, per la sua impostazione così decisamente esclusivista, ci fa tornare alla mente la realizzazione dell'attico di Charles de Beistegui lungo gli Champs Elysées (tra il 1930 e il 1931); anche in quel caso, infatti, si trattava di dare l'avvio ad un'operazione fortemente selettiva nei confronti del paesaggio urbano, quello di Parigi. Così, il dandy surrealista chiederà a Le Corbusier di realizzargli un'habitation de pleisance provvista di perspectives émouvantes, e questo attraverso l'installazione di siepi-diaframma poste lungo il perimetro esterno dell'attico . Il fine è, appunto, quello di nascondere il panorama edilizio circostante, lasciando però dei varchi aperti in corrispondenza di alcuni monumenti particolarmente significativi, quali: l'Arc-de-Trionphe, la Tour Eiffel, il Sacré Coeur e gli Champs-Élysées che fanno da sfondo sia alle Tuileries che a Notre-Dame.
Questo richiamo all'avanguardia storica ci consente di porre l'accento sull'esigenza, manifestata in tempi recenti da Metamorph, a ripercorrere in chiave critica questa importante fase
storica del Novecento; una riflessione che, come è prassi del Gruppo, è avvenuta sia in chiave teorico-critica, che progettuale: attraverso il libro di De Giorgi, La terza avanguardia ed ora, con il progetto per il CCI.
L'impostazione spaziale dell'organismo fonda il suo processo configurativo sull'incastro di due corpi. Il primo di questi è cavo e prende forma dal tracciato del perimetro di base corrispondente a una porzione di cerchio; un'unica parete curva, che ne disegna la volumetria, funge da schermo multivisuale in grado di trasmettere, con il contributo di adeguati operatori dell'immagine, all'esterno (verso la città), come all'interno (negli ampi spazi di attraversamento), scenari, messaggi, «informazioni su eventi di vita quotidiana o tematiche generali» ; la sua altezza è pari alle emergenze con le quali idealmente si confronta. La corda del segmento di circonferenza, coincidente con la diagonale del lotto, è rappresentata visivamente da una struttura aerea, destinata a rappresentare una «linea di orizzonte artificiale» , che accoglie gli uffici e gli spazi di servizio. Gli elementi che designano la figura: il corpo rettilineo sospeso, la zona cava sottostante, richiamano, nella struttura dell'immagine, l'opera di Samonà più volte ricordata.
Il secondo corpo, più basso, si sviluppa attorno al profilo basamentale di un frammento di ellisse, che si conclude con una copertura posta diagonalmente; al suo interno si trovano le sale per i convegni.
Tra i due volumi, si snoda un passage, uno spazio pubblico che, come un suk arabo, è coperto da una morbida superficie sospesa ai due estremi; il suo intento, è quello di offrirsi come luogo di incontro e di relazione con l'immediato intorno, realizzando, in questo modo, «un continuum di giardini, alberi, arredi» .
E' interessante notare come, in analogia con altri progetti precedenti, il rifiuto selettivo nei confronti del contesto si trasformi, per quello che attiene al livello pedonale, in una sorta di apertura 'inclusivista' verso l'ambiente circostante, che segnala la sensibilità, la disponibilità dell'organismo a ricevere al suo interno il fluire della 'quotidianità' della vita, del tumultuoso e incessante intrecciarsi degli eventi; di questo, peraltro, anche la stessa immagine dell'oggetto si rende rappresentativa. Così, i due livelli apparentemente opposti (inclusivista/esclusivista), nello svolgimento del progetto, andranno a confondersi con una sterminata maglia di altre connessioni dando origine a sviluppi suggestivi e densi di significato.
La sala dell'auditorium di forma semicircolare, posta all'esterno dei due corpi, coperta da un piano che segue un andamento curvilineo, nell'incontro con la parete-schermo si interrompe, determinando, così, un ulteriore frammento di figura.
Quest'ultima componente dell'organismo, ci porta a sottolineare una delle peculiarità del progetto: il suo non procedere più per volumi, ma per piani; più precisamente, è il piano a suggerire il volume rimanendo sostanzialmente sé stesso. In questo modo il progetto va avanti attraverso un succedersi di superfici curve che si avvolgono l'una all'interno dell'altra, avviluppando altri piani configurando spazi. Tali insiemi di blocchi armonici, pur alludendo a figure tridimensionali, trovano una loro interna necessità a fondersi solo attraverso la determinazione formale della logica interna al processo che li governa; come in un ideale fuga musicale, in cui le valenze compositive del brano vengono stabilite da gerarchie, cadenze, posizioni, intersezioni, trasparenze, vibrazioni.
Se è eccessivo forse affermare che questo progetto segna un ulteriore punto di svolta della ricerca di Metamorph, certamente non è difficile intravedere in esso un interessante esperimento di 'fusione', e di rielaborazione creativa, delle esperienze passate, un suggestivo incrociarsi di temi, quali: complessità, stratificazione, compresenza degli opposti, tecnologia, casualità, ordine, gusto della rammemorazione

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