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NL studio. Il pragmatismo magico di NL Architects
Rivista Controspazio N° 106
di novembre dicembre, 2003
Autore: Michele Costanzo
Articoli A partire dagli inizi degli anni Novanta, l'immagine dell'Olanda si è andata sempre più affermando all'attenzione della critica internazionale come laboratorio di ricerca in campo architettonico e come importante cantiere di sperimentazione nel settore edilizio e del landscape.
Si è trattato del riflesso di una profonda trasformazione avvenuta nel paese che, accantonata la sua tradizione costruttiva fortemente permeata da un modello etico-culturale la cui traccia è tuttora fortemente presente sulla configurazione fisica del suo territorio, ha deciso di intraprendere un diverso percorso di sviluppo, puntando il proprio obiettivo verso un generale rinnovamento, sull'onda di una radicale svolta, in campo internazionale, di tipo economico-politico, profondamente condizionata dalle nuove e sofisticate reti di comunicazione.
L'avvio di questo importante 'processo di mutazione' è dato dal concorso di molteplici eventi, peraltro assai diversificati tra loro: la forte crescita produttiva avvenuta nel decennio precedente, unita ad un cambio d'indirizzo in campo economico, sociale e politico (non solo a livello ideologico, ma come nuova forma di democrazia imperniata sui sistemi di sperimentazione e di coinvolgimento dei singoli cittadini); e, in ambito più strettamente legato processo ideativo/realizzativo, l'azione del Ministero della Cultura, unitamente all'Housing Planning, che a partire dal 1990 hanno redatto un piano per stimolare le componenti culturali dell'architettura (iniziativa a cui, successivamente, si sono affiancati i ministeri dei: Lavori Pubblici, Trasporti e Agricoltura); infine, fondamentale per il sostegno e la promozione dell'attività della giovane generazione di progettisti, la creazione di tre importanti istituzioni, quali: il NAi (Netherlands Architecture Institute) a Rotterdam (1989), il Berlage Institute ad Amsterdam (1990) e, poi, a Rotterdam (2000), e il Netherlads Architecture Funds per l'appoggio finanziario all'organizzare di manifestazione e pubblicazioni.
La 'nuova stagione' prende forma con una nutrita serie di opere provocatorie, ironiche, intellettualmente stimolanti, tutte percorse dal senso dell'imprevedibilità, dello stupore, della meraviglia. La sua fase d'inizio è data da due importanti eventi: il simposio, organizzato nel 1990 da Rem Koolhaas presso l'Università di Tecnologia di Delft, intitolato Hoe modern is de Nederlandse architectuur, che consentirà alla generazione della 'svolta' di prendere coscienza delle ragioni del loro difficile rapporto con il 'moderno' e di riflettere sulle possibili nuove strade da percorrere; e la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1991 con una mostra intitolata Modernism without Dogma, in cui sono esposte le opere di dieci gruppi emergenti .
Ma per completare il quadro, bisogna soprattutto aggiungere l'incisivo ruolo dell'influente personalità di Koolhaas nell'indirizzare la giovane generazione di progettisti olandesi verso nuovi e suggestivi obiettivi della ricerca architettonica.
Uno dei suoi più importanti contributi è la lettura critica della metropoli contemporanea, considerata come un insieme disordinato di forze che si contrappongono, da cui sembra bandita ogni idea di armonia e di composizione, e ove il tutto esiste soltanto nella misura in cui ogni parte è diversa dalle altre , nei confronti delle quali egli intende agire superando ogni elemento di possibile discordanza attraverso la creazione di un nuovo sistema di nessi logici in grado di coniugare specificità architettonica e instabilità programmatica.
Su questa visione di base, non resta altro che aderire il più possibile alla realtà, spogliando il proprio sguardo da moralismi o idee preconcette, indagando e portando alla luce le dinamiche interne e le antinomie celate in essa (recuperando, in questo, anche gli aspetti banali o irrazionali).
Resta, altresì, importante istituire un profondo rapporto di interrelazione con il contesto, dove sono sempre contenuti elementi utili per comprendere la nostra condizione ed in grado di essere migliorati o trasformati dal progetto.
Koolhaas introduce, inoltre, un diverso e singolare approccio al progetto, basato su due figure della retorica, che sono: l'esagerazione, che provoca il "risveglio della realtà" rendendo palese ciò che è latente e il paradosso, che mette in luce apparenti contraddizioni pur racchiudendo in sé la speranza di una riconciliazione finale. Il suo percorso ideativo/operativo, in questo modo, non ha un impianto formale logicamente definito da ragioni dettate dalle specifiche esigenze funzionali, ma piuttosto tende a corrispondere alla logica che nasce dal programma. Da ciò, prende l'avvio un metodo analitico/progettuale che parte dall'oggettività 'casuale' degli eventi della professione (in base a ciò egli darà libertà d'espressione anche alle possibili contraddizioni riscontrabili nelle richieste della committenza o perfino in quelle dei bandi di concorso).
Bisogna osservare che se da un lato la nouvelle vague dei progettisti olandesi subirà la forte influenza di questa posizione ideologico-progettuale, non mancherà tuttavia di estenderne i confini o sondare nuove ipotesi, percorrere nuove strade.
Fondamentale occasione per fare un primo bilancio di questo percorso teorico di sviluppo sarà la serie di dieci mostre, nel 1997, dedicate ad altrettanti giovanissimi architetti presso la sede del NAi a Rotterdam, raccolte sotto il curioso titolo Nine + One. Ten Young Dutch Architectural Offices, che sta ad indicare lo spirito di indipendenza dei diversi protagonisti; è scritto, infatti, nella controcopertina del catalogo (per spiegare la ragione del "+ One"): ´[...] c'è sempre un singolo seppure mai lo stesso, in disaccordo con gli altri". E questo, per sottolineare lo sforzo in questi anni, da parte di tutti, per individuare un proprio percorso indipendente. La mostra mette, anche, in evidenza l'assenza di una comune scuola di pensiero. Unico trait d'union tra i diversi protagonisti, una metodologia analitica di approccio per ordinare aspetti spaziali e programmatici. La forma architettonica diventa il risultato di una strategia, piuttosto che l'obiettivo di intenzionalità estetiche.

NL Architects, sono tra i dieci giovanissimi gruppi invitati a questa manifestazione . Nell'occasione essi presentano una nutrita serie di progetti che rappresentano il quadro (più o meno) completo della loro produzione.
Lo studio, composto da quattro membri (Pieter Bannenberg, Walter van Dijk, Kamiel Klaasse e Mark Linnemann), ufficialmente si forma nel 1997, con sede ad Amsterdam, ma la loro attività ha inizio fin dai primi anni Novanta, durante il periodo del loro studentato presso la Tecnical University di Delft.
Come essi amano ricordare, per andare a Delft da Amsterdam avevano a disposizione una vecchia Ford Escort station wagon di colore blu metallizzato, dove passavano gran parte del loro tempo nel continuo andare/venire dall'università alle loro residenze. La macchina, dunque, è stato il loro primo 'luogo di aggregazione', il loro 'studio pendolare', e l'autostrada lo spazio fisico di confronto delle loro idee, dei loro sogni. A ricordo di tale esperienza resta il logo del loro studio, che riprende l'immagine degli adesivi che si applicano sul retro delle automobili per indicarne la nazionalità.
Stante questa breve premessa, non deve sorprendere che il tema prevalente della loro ricerca sia la presente condizione metropolitana e suburbana, nei confronti della quale essi sono fortemente critici. I loro progetti si caratterizzano per il rapporto estremamente pragmatico verso la realtà con cui si pongono in contrapposizione. Da tale confronto essi traggono lo stimolo per innovative (oltre che inaspettate) soluzioni. La loro attenzione si rivolge abitualmente agli aspetti ordinari della vita (spesso trascurati o, addirittura, rifiutati), per poi amplificarne o rovesciarne l'insospettato potenziale. La sorprendente capacità di articolazione dell'ironia e del paradosso, li porta a configurare nuove e stimolanti tipologie di edifici e di complessi edilizi dalle caratteristiche funzionali ibride.
La dimensione culturale all'interno della quale essi si muovono è quella della transculturalità, contrassegnata da una pluralità d'identità possibili i cui codici, imposti all'architettura, portano ad una forma di radicale trasformazione del linguaggio. Buona parte delle loro proposte si presentano come prodotto dalla fusione tra sistema comunicativo e struttura urbana che, nel loro icastico configurarsi -nella fattispecie interventi caricati di forte rappresentatività- sembrano aver perduto lo specifico punto di riferimento che conferisca loro il senso della necessità di appartenenza ad un genere, ad un contesto. Ma se da un lato le presenze architettoniche si riferiscono a spazi considerati atopici, a loro volta esse vanno a costituire una differente identità di luogo, una nuova qualità di spazio, una diversa idea di estetica.
Tutto questo porta ad una trasformazione dei modi di concepire l'architettura e dei suoi meccanismi realizzativi in cui, quello che caratterizza la figura architettonica è la capacità di assorbire in sé gli elementi che la costituiscono. Attraverso tale processo si viene, così, a delineare un diverso universo formale che mette in luce una nuova libertà grammaticale e sintattica.
E' da osservare che quello che impone alla società contemporanea tale stato di indeterminazione e di disagio nei confronti del contesto, è la mobilità, a sua volta, causa della disaffezione e della perdita d'interesse nei confronti dello spazio. La mobilità, è l'obiettivo di fondo della ricerca di NL Architects, ma è anche una questione di grande interesse generale, come è testimoniato dalla "International Architecture Biennale" di Rotterdam, che nel 2003 ha proposto come tema della manifestazione, Mobility, appunto.

Tra le numerose opere presentate alla mostra Nine + One da parte di NL Architects, è importante ricordarne alcune, particolarmente significative: Anyhall, FLAT, Parkhouse/Carstadt, Pixel City, Return to the FoldTM.
Anyhall, Delft (1992)
Lo spunto di partenza della ricerca che darà origine ad alcune ipotesi progettuali è la constatazione della quasi totale cancellazione del paesaggio pastorale olandese, sommerso da una coltre di strutture edilizie a basso costo destinate a centri commerciali o di distribuzione, edifici per uffici, showrooms, rivendite d'auto, etc.. Costruzioni poste lungo le autostrade in lineare successione per far mostra di sé, che creano una "allarmante costipazione visiva".
La prima proposta (Anyhall.1) si occupa dei centri di distribuzione, della loro 'pelle', della loro configurazione esterna. Si tratta di grandi costruzioni scatolari situate in zone periferiche lungo importanti strade o autostrade. L'ipotesi è quella di rivestire tali strutture con lo stesso materiale dei guardrail, quindi riproponendo in maniera enfatizzata, estremizzata lo stesso linguaggio dell'infrastruttura.
Curvando alcune fasce di guardrails, l'interno diventa accessibile e può filtrare la luce solare. Si può immaginare perfino un patio nella zona centrale.
La seconda (Anyhall.2) ugualmente riguarda un centro di distribuzione che in questo caso ha la fronte verso l'autostrada rivestita di catarifrangenti della dimensioni pari ad un mattone. Nella parte interna essi sono privi del bianco per cui rinviano la luce nella stessa direzione in cui è stata emessa. Se l'angolo d'incidenza è inferiore a 308 allora la superficie riflettente diventa trasparente e magari, come affermano i progettisti "può apparire la playmate del mese". Per consentire a tutti i fasci di luce dei fanali auto di colpire la facciata, la sua superficie è modellata in 3D. In modo che ciascuno possa scegliere la propria traiettoria.
FLAT, Leidsche Rijn (1994)
E' un prototipo suburbano per 220 abitazioni, studiato per il piano di Leidsche Rijn, progettato da Rients Dijkstra (Maxwan) e Riek Bakker. L'intento dei progettisti è quello di individuare condizioni abitative diverse dallo standard della casa unifamiliare che ha invaso buona parte del territorio nazionale.
FLAT è un'area suburbana che si sviluppa attorno a un nastro ripiegato su se stesso. L'accesso ai lotti avviene tramite una strada sopraelevata, costruita con la sabbia dragata per la realizzazione di un vicino lago. Le abitazioni, ad un solo piano, hanno il tetto coperto d'erba, posto alla stessa quota della strada. L'ingresso alla casa avviene dall'alto. La strada, per proseguire l'effetto di mimetizzazione dell'abitato e delle infrastrutture, è coperta di Grastraat, un prodotto che permette di essere ricoperto d'erba (la segnaletica stradale è realizzata in polvere di gesso bianco come sui campi di calcio). FLAT, "apre l'orizzonte" osservano i progettisti.
Parkhouse/Carstadt, Amsterdam (1995)
E' una proposta che affronta lo spinoso rapporto tra automobile e città; un modo per salvaguardare la città storica dalla loro eccessiva presenza.
L'area presa in esame corrisponde ad una zona estremamente vitale del cento storico di Amsterdam piena di attività commerciali. L'idea si basa su un lungo corpo (pari a un chilometro), dalla copertura inclinata, attorcigliato su se stesso ("l'edificio è un contorsionista" affermano gli architetti) in modo da inserirsi, quasi nascondendosi alla vista, nello spazio disponibile tra le vecchie case. L'intento è quello di rendere il parcheggio un "catalizzatore di vita". Infatti, il tetto della costruzione è destinato ad essere uno spazio di sosta per le auto e l'interno dell'organismo è studiato per ospitare negozi, uffici, abitazioni, hotels, caffè.
Pixel.City, Wateringse Veld, Den Haag (1996)
Si tratta di un progetto alternativo al piano di sviluppo Vinex per il distretto di Wateringse Veld, a sud-est di Den Haag: una zona di serre e fattorie, unico sfogo naturale rimasto in un territorio fortemente urbanizzato. La proposta progettuale intende rompere la regolare compattezza del piano di espansione proponendo 60 edifici a sviluppo verticale al posto delle 8000 abitazioni unifamiliari previste. La soluzione consentirebbe la poetica, suggestiva convivenza delle nuove abitazioni con la realt‡ agricola esistente, con notevole risparmio di costi di costruzione e di urbanizzazione.
Considerando la domanda fortemente orientata verso la casa individuale, Pixel City è, altresì, un tentativo di indirizzare in modo diverso la domanda dell'utente, offrendo una inaspettata alternativa alla vita suburbana: case di vetro con l'affaccio sulla campagna, con animali che pascolano, con campi da tennis e parcheggi, tutto in un curioso, intricato gioco di sovrapposizioni.
Il progetto che ha vinto il premio Europan IV (1996), sembra voler rispondere ad un'esortazione di Bart Lootzma: ´[...] non si fa altro che discutere di un problema di fantasia partendo dal presupposto che questo paese sia un grande parco-bungalow, fatto soltanto di casette basse e che pertanto vi si possa fare di tutto in piena libertà. Da parte mia sono convinto che in questo modo si arriverà al disastro. Non esiste qualche giovane olandese che si renda conto di che cosa sta accadendo e che proponga di costruire città compatte, con una maggiore densità abitativa" .
Return to the FoldTM, Melburne, Australia (1997)
Riguarda il progetto di una nuova piazza a Melbourne. L'idea prende le mosse da due osservazioni: da un lato, l'estrema vitalità delle sue strade più importanti e, dall'altro, la sua improvvisa variabitità climatica ("una città con quattro stagioni in un giorno"). Gli architetti immaginano, così, di realizzare una sorta di mall, reinventandone la tipologia, in grado di ospitare al suo interno, senza distinzioni o gerarchie, una molteplicità di attività (dal teatro alla sala giochi, al caffè, etc..). Il tetto è reso percorribile. L'intervento risolutivo del progetto sta nella piegatura multipla della struttura attrezzata entro cui si sviluppa la mall, in modo da ottenere un corpo emergente cavo che nella parte superiore offre un suggestivo punto d'osservazione della città, mentre al di sotto fornisce protezione all'ampia superficie urbana, oltre a presentarsi come un accogliente e monumentale atrio.
Un'ulteriore opera, particolarmente interessante, da aggiungere a questo gruppo di lavori, anche se non presente alla mostra del NAi, è lo Sky Cemetery NT. Questo progetto, come i precedenti, è da rilevare, risulta fortemente condizionato dal tema della mobilità.
In questo progetto, infatti, gli autori partono dalla considerazione che la mobilità ha influenzato anche lo stesso modo di pensare il cimitero. In passato i luoghi di sepoltura dovevano essere posizionati non lontano dall'abitato e raggiungibili a piedi. Ora gli spostamenti costanti in ogni parte del globo, da un lato rende gli individui liberi, ma nello stesso tempo indifferenti nell'immaginare il luogo della loro "destinazione finale". Sky Cemetery NT esplora le possibilità di realizzazione di un super cimitero il quale potrebbe diventare un'attrazione ed, anche, uno straordinario archivio di informazioni biografiche, un data base e un mausoleo che diventa museo.
Sky Cemetery NT (1991-94)
Si tratta di un'alta torre a forma di croce ("come simbologia immediata del suo contenuto"), composta da una successione di piani liberi (ciascuno con uno spessore di circa due metri), interamente coperti di terra. Ogni livello è raggiungibile tramite ascensori, mentre i diversi piani sono interconnessi da scale.
L'edificio si presenta come un enorme accumulo: di spazi interni ed esterni che si alternano; di climi artificiali; di atmosfere diverse; di tradizioni passate e future. E' un tentativo di totale ripensamento dell'idea di cimitero; è come immaginare "un terreno di sepoltura sopra un colombario e una catacomba sospesa in aria".

Dopo la lunga sequenza di lavori presentati alla mostra di Rotterdam, un primo importante progetto -che potremmo considerare appartenente alla seconda fase della ricerca di NL Architects- è WOS 8 (Warmte Overdracht Station). Il progetto, pur non essendo la prima opera ad essere realizzata, è certamente quella che metterà in particolare evidenza l'attività dello studio in quanto verrà pubblicato in numerose riviste nazionali e internazionali.
Il percorso ideativo di questo progetto è diviso in due fasi; dovuto al fatto che il committente, pur non avendo ancora scelto la localizzazione, desiderava avere, comunque, una proposta: in quanto si trattava "in definitiva di progettare una pelle".
Essi sviluppano, tuttavia, con grande impegno il progetto: da un lato, facendo riferimento a un (generico) contesto di città e, dall'altro, considerando strutture analoghe. A seguito di tali riflessioni, focalizzano l'attenzione su un tema risolutivo per l'immagine: la questione dei graffiti, del vandalismo rivolto agli edifici. Essi rimangono colpiti da un passo di Ornamento e delitto, in cui Adolf Loos affronta in modo specifico tale aspetto. Da qui, nasce la prima proposta, Ornament und Verbrechen (1997), in cui le superfici esterne del volume architettonico, sono cosparse da un insieme di materiali protettivi (schegge di vetro, filo spinato, oltre ad "aculei di cobra" e "creste appuntite rotanti") con l'intento di realizzare una "funzionale decorazione", cercando di raggiungere una certa bellezza formale attraverso il controllo di ogni singolo elemento.
Individuata, successivamente, la localizzazione della costruzione in un'area inedificata fuori Utrecht, tutte le difese ipotizzate per l'integrità dell'oggetto (che, peraltro, sostanziavano l'immagine) risulteranno inutili. Decideranno, allora, ´[...] di ripensare tutto dall'inizio. Questo è il motivo per cui WOS 8 rassomiglia vagamente ad una di quelle capanne usate per immagazzinare l'erba che le mucche mangiano d'inverno. Ed è, anche, la ragione del suo colore nero. In pochi anni un'area residenziale prenderà il posto del prato e l'edificio diventerà una parte tattile di un pubblico servizio. Invece di rivestirlo pesantemente, come pensavamo all'inizio con la proposta di Ornamento e delitto, abbiamo deciso di aprirlo, renderlo parte di quella cultura giovanile da cui intendevamo proteggerlo" .

WOS 8, Utrecht (1997-98)
E' una stazione che utilizza il surplus di energia dall'acqua di raffreddamento delle turbine di un impianto di riscaldamento di un vicino distretto (una capacità termica in grado di riscaldare 11.000 alloggi). Si tratta di una delle prime costruzioni della newtown Ledse Rijn. Rappresenta un interessante tentativo di mediazione tra tecnologia, preoccupazioni ambientali e simbolicità dell'immagine architettonica, anche se per una città ancora da costruire.
L'oggetto, dall'immagine morbida e dagli angoli arrotondati, è interamente avvolto da una pelle nera in Poliuretano. Sulla sua superficie, considerata "una piazza pubblica avvolta attorno a una scatola", si intrecciano molte attività: buchi per spiare nell'interno, nicchie per l'allevamento di uccelli; un canestro per il basket; una serie di appigli per arrampicarsi che formano la parola, da leggersi in Braille, "facciata cieca".
WOS 8 materializza impalpabili qualità quali il banale e l'ordinario da cui, all'opposto, è possibile percepire una vaga aura poetica.

Parkhouse NT, Amsterdam (1999)
Si tratta di uno studio commissionato dal Comune di Amsterdam, all'interno di un progetto di rinnovo urbano. Il fine è quello di individuare la possibilit‡ di realizzare edifici-parcheggio dentro o al posto di blocchi (di notevole ampiezza) che sorgono attorno alla, cosÏ detta, "Cintura degli anni '20-'40", che circonda Amsterdam.
La proposta suggerisce di demolire un blocco sostituendolo con una nuova tipologia, che è una variante della precedente Parkhouse/Carstadt: una costruzione questa volta delimitata all'esterno da una struttura. Composta da una serie di beams [travi cave], poste una sull'altra liberamente, in posizione inclinata (pari al 6%). All'interno di esse, sono ricavati: appartamenti, uffici, negozi, etc..
La copertura di queste "travi cave", ai diversi livelli, è accessibile alle auto, dove possono parcheggiare.

Y Builbing/Flower Tower, Amsterdam (1999)
Il progetto per una torre per uffici, si rivolge ad un'area in via di sviluppo di Amsterdam sud. Esso si inserisce nel quadro di una politica del Comune di Amsterdam di ristrutturazione e salvaguardia delle qualità ambientali ed edilizie delle zone lungo gli argini del fiume Y.
La dismissione parziale dell'attracco della ferrovia, vicino al settore portuale, ha reso possibile l'ampliamento di un terreno fabbricabile a ridosso dell'argine del fiume, dominato dalla Dudok Tower: severa presenza architettonica che rende problematico qualsiasi intervento.
Consapevoli di questa difficoltà, l'ipotesi degli architetti si è basata sull'idea di ripetizione del medesimo oggetto, più in particolare sulla sua "clonazione".
L'Y Building, cosÏ, si presenta come un duplice, svettante corpo affusolato, a struttura metallica, flessuoso, morbido e ricurvo come "un fiore posto in un vaso". Una torre che si divarica per non porsi come ostacolo, alla luce e alla vista del canale da parte dell'edificio di Dudok.
L'area intorno alla Flower Tower è previsto che si trasformi in una grande piazza che si protende sull'acqua.

Pilot Shop Mandarina Duck, Parigi (1999)
Il progetto dell'allestimento è stato sviluppato da NL Architects insieme con Drog Design per quanto concerne il disegno dei mobili, espositori, armadi; i quali hanno avuto la funzione di animare lo spazio creando una coinvolgente interazione con i clienti/visitatori.
L'immagine del nuovo negozio parigina di Mandarina Duck è l'espressione di una precisa politica della casa che è quello di rendersi riconoscibile non attraverso l'uniformità, la ripetitività dello stile dei negozi quanto per loro specifiche qualità estetiche.
Il negozio è concepito come un percorso, che il fruitore può scegliere liberamente. Lo spazio è caratterizzato da un insieme di momenti distinti dei "cocoon", ognuno dei quali propone una diversa caratterizzazione rispetto agli oggetti in vendita.
Il colore bianco-neutro che avvolge le pareti enfatizza i singoli elementi e favorisce il passaggio tra i diversi episodi formali/espositivi.
L'opera è stata esposta nel padiglione olandese, alla 88 Biennale di Architettura di Venezia "Next" (2002), insieme a quelle di: VMX Architects, MVRDV, RenÈ van Zuuk, Korteknie Stuhlmacher Architecten; ed è stata, inoltre, inclusa nella rosa dei 5 progetti concorrenti al NAi Prize.

BasketBar, Utrecht (2000-02)
La possibilità di realizzare delle residenze universitarie nel campus universitario De Uithof, ha comportato l'esigenza di creare luoghi d'incontro, spazi per sviluppare la vita sociale. Il BasketBar costituisce il primo meeting place per professori e studenti.
L'area si trova in un punto centrale del campus accanto ad un piccolo museo dell'architettura contemporanea. A poca distanza si possono, infatti, incontrare: la Facoltà di Economia dei Mecanoo (1995), l'Educatorium di OMA (1997), il Minnaert Building di Neutelings e Reidijk (1997), il Laboratorio NMR di UN Studio (1997-2001) e prossimamente (nel 2004) la Biblioteca universitaria di Wiel Arets.
Il progetto si pone come un'estensione della libreria che si trova nella torre Van Unnik. Essendo necessaria un'altezza superiore, per il bar, rispetto a quella del locale a cui è connesso, i progettisti hanno abbassato il livello del piano di calpestio: che risulta, così, a una quota leggermente inferiore rispetto a quella stradale.
Con tale scavo, l'organismo diventa percorso-rampa-sedile (un lungo segno arancione plasticamente curvilineo che diventa un invaso accogliente) che scardina la stereometria del cubo-bar aprendosi verso l'esterno.
Il campo di basket sul tetto (con l'originale foro vetrato sul pavimento che guarda lo spazio interno sottostante) è il naturale sviluppo di un processo ideativo, assai brillantemente condotto, con particolare attenzione e cura anche nell'esecuzione.

Business City/Circuit City (2002)
La caratteristica di NL Architects è quello di essere empirici di fronte alle questioni che debbono affrontare; essi "comprimono" la banalità, incanalando i problemi secondo una precisa visione progettuale. Il loro fine è quello di "aggiungere effetto alle cose comuni", come essi affermano, "fino a trasformarle in qualche cosa di inaspettato" .
Il tema, questa volta, riguarda l'attività illegale delle corse con le macchine, che in Olanda si svolge (come a Los Angeles, dove sembra sia nata), durante la notte o nei weekends, in zone urbane poco frequentate come le Business Areas: luoghi periferici, senza identit‡, espressione di un "paesaggio generico". Questo tipo di corse, nonostante il massimo impegno delle autorità ad impedirlo, sta diventando molto popolare, grazie soprattutto alla possibilità di una veloce programmazione in località sempre diverse, attraverso i telefoni cellulari ed Internet.
La proposta degli architetti è quella di rovesciare il problema, rendere adatte e sicure le strade delle Business Areas e legalizzare le corse. Si tratta di porre in relazione i due diversi modi di usare l'ambiente urbano traendone un mutuo beneficio.
Lo stadio di calcio dell'Ajax, essi osservano, è diventato un importante punto gravitazionale per tutto il settore sud-est di Amsterdam, favorendo la sua intensa espansione edilizia. Lo stesso potrebbe essere per le località dove si svolgono le corse. La proposta è, dunque, quella di ottimizzare le infrastrutture per una nuova Business Areas per guida veloce: durante la notte le corse e durante il giorno uno spazioso percorso dove è possibile anche posteggiare. "Come sarebbe apparsa Monte Carlo", essi si domandano, "se durante la costruzione fossero state usate le curve ideali".

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