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Snake Space. Nio Architecten. Spazio espositivo di Santa Verdiana
Rivista Parametro N° 258/259
di luglio ottobre, 2005
Autore: Michele Costanzo
Articoli La mostra "Snake Space" di Nio Architecten, a cura di Marco Brizzi, inaugurata il 6 giugno al SESV di Firenze, è un importante evento che testimonia, a un tempo, l'estrema vivacità della ricerca architettonica olandese, e la vitalità dell'ambiente culturale fiorentino, particolarmente attento nel seguire gli sviluppi, in senso teorico/costruttivo, della produzione architettonica in campo nazionale e internazionale.
Il filo conduttore che lega i dieci progetti presentati da Maurice Nio è rappresentato dalla volontà di individuare, attraverso un fantasioso e complesso processo elaborativo di tipo concettuale e formale, una via di riscatto nei confronti di nodi urbani privi d'identità, o lontani dall'attenzione collettiva che sono gli "spazi tecnici", com'egli li definisce.
Nio si pone in rapporto, dunque, con questi caratteristici "spazi", che sono i luoghi di transito, o d'accesso interdetto (discariche, autostrade, sottopassaggi, tunnels, viadotti, parcheggi, aree industriali, barriere contro il rumore, etc.), per poter determinare al loro interno una radicale azione di trasformazione e di rivitalizzazione.
Si tratta di luoghi che, in effetti, rappresentano una parte consistente dello scenario urbano con cui l'utente ha un rapporto quasi quotidiano e per l'architetto olandese sono, altresì, il soggetto privilegiato delle proprie riflessioni teoriche, il tema ricorrente di elaborazioni progettuali nel costante tentativo «[...] di trasmettere un'anima ad una realtà che ne è priva» .
Per creare un'immagine incisiva e accattivante di tale approccio ideativo, Nio ha scelto la metafora del serpente [snake] che s'insinua negli oscuri e marginali 'anfratti' urbani, per ritrovare nuovi generi «[...] di relazione tra persone e oggetti in una dimensione di tipo spirituale. E' come se nello spazio siano stati creati altri spazi, spazi che non sono stati fatti apposta per la gente, ma anche e soprattutto per lo spirito, per il traffico dei corpi virtuali. Essi sono il pozzo dell'ascensore del nostro spirito, il canale di ventilazione delle nostre proiezioni e fantasie, e sono certamente la soffitta e la cantina della nostra conoscenza» .
La mostra consiste nella presentazione di due grandi tavoli, sistemati in due ambienti differenti. Il piano del primo tavolo è una sorta di grande teca trasparente e di ridotto spessore all'interno della quale si muovono in maniera insinuante e morbida due serpenti in cerca di anfratti e cavità a loro congeniali. La superficie superiore del contenitore è interamente occupata da un disegno che ricorda un circuito stampato, ma in realtà vuole rappresentare un paesaggio di "spazi tecnici" in cui si distinguono dieci zone interstiziali corrispondenti ad altrettante occasioni progettuali. Il piano del secondo tavolo, di dimensioni identiche al precedente, presenta un disegno che illustra, unitamente ad immagini, libri e video, le opere di Nio già realizzate, o in corso di ultimazione.
Tali progetti, sviluppati dall'architetto per alcuni nodi di servizio privi d'identità pur rispondendo ad una vasta gamma di necessità e di utilizzazioni, rispetto all'utente a cui si rivolgono possono essere ricondotti a due fondamentali situazioni: la prima di tipo 'stazionario', rivolta a strutture residenziali, commerciali, industriali; la seconda di tipo 'dinamico', riguardanti autostrade, sottopassaggi, tunnels, viadotti, etc.. Ogni progetto ha un nome che lo designa, e che lascia trasparire la presenza di un significato recondito, una traccia intenzionale per rimarcare l'esigenza di guardare la realtà in modo non convenzionale e cercare di operare una sua trasfigurazione.
Della prima categoria ricordiamo: The Hulk, a Hengelo (1993-97), un inceneritore a forma di coleottero nel cui processo digestivo i rifiuti sono trasformati in gas pulito; The Cyclops, a Diependaal, Hilversum (1997-01), 12 case arditamente sistemate a ridosso di una barriera contro il rumore di un'autostrada, dove i gusci delle abitazioni sono sollevati da terra e il corpo del soggiorno è a sbalzo, con la fronte esterna scavata in modo da far apparire il volume come una sorta di grotta; Black Mothafucka, a Rotterdam(1997-98), un deposito merci lungo l'autostrada,che si presenta come un grande contenitore nero che si astiene dal mettersi in mostra secondo una tendenza largamente generalizzata, ma rimane nascosto come presenza misteriosa e inquietante.
Della seconda fanno parte: Moon Knight, ad Amstelveen (2001-04), l'intento del progettista è stato quello di nascondere la complessità spaziale e tecnica del nodo di percorrenze (tunnels e ponti pedonali che s'incrociano a diversi livelli), "trasformandolo in un luogo in cui poter stare"; Touch of Evil, a Pijnacker (2002-04) un intervento che intende rendere un tunnel particolarmente attraente e misterioso, "non lo si capirà mai anche se lo si percorre ogni giorno della propria vita"; The Aquarians, a Watertuinen, s'Hertogenbosch (2004-2005), una serie di 22 ponti in metallo e cemento che con le loro forme ben sagomate "si sforzano di irradiare nell'intorno il senso di un piacere estetico".
La caratteristica di questi progetti d'essere per buona parte costruiti e quindi fruiti quotidianamente dal pubblico, trasmette una particolare concretezza alle singole proposte che, tuttavia, non entra in contrasto con il manto formale/ideale con cui Nio tende ad avvolgere i suoi lavori, ma al contrario arricchisce la qualità e l'incisività del loro messaggio: un coraggioso innesto di fantasia e afflato poetico che apre la strada alla riscoperta e al recupero di valori che la città contemporanea sembra avere quasi inconsapevolmente perduto.

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