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Nio architecten. Una nuova vita per gli “spazi tecnici”
Rivista L'architettura.Cronache e storia N° 57
di novembre dicembre, 2005
Autore: Michele Costanzo
Articoli Maurice Nio apre il proprio studio all'inizio del 2000 portando con sé l'intensa esperienza teoroco/pratica -fortemente concentrata nello studio sulla forma- accumulata durante gli anni Novanta con il Gruppo Nox, di cui con Lars Spruybroeck è stato uno dei fondatori. Quello che caratterizza l'attuale indirizzo di ricerca di NIO architecten, rispetto al periodo precedente -basato sulla contaminazione di diverse discipline e sull'uso intensivo della digitalizzazione nei processi di progettazione- sta soprattutto nel diverso tipo di confronto con la realtà, nonché nella diversa sensibilità nello sviluppare il rapporto tra città e suoi utenti, attraverso un genere d'intervento architettonico particolarmente sensibile e partecipe alle problematiche della quotidianità della fruizione dello spazio urbano.
In questo senso, caratteristico del fare ideativo di Nio, è il suo impegno nel ridare vita ai "funtional tecnical spaces", com'egli li definisce: che sono luoghi della città sfuggiti all'attenzione della comunità, o addirittura interdetti, o comunque impraticabili.
Tali "spazi funzionali" sono parte dello scenario comune a tutte le concentrazioni urbane con cui l'utente ha un rapporto quotidiano. Sono sottopassaggi, tunnels, viadotti, parcheggi, aree di sosta, zone industriali, ecc. L'intento dell'architetto olandese, ma anche del messaggio contenuto nella sua opera, è quello di ridare a tali luoghi un senso, risarcendo la loro usuale, necessaria frequentazione, con una presenza poetica e coinvolgente, a un tempo.
Tale volontà di modificazione della realtà spaziale dimessa, sgradevole e consueta, ha trovato interessanti concretizzazioni in numerose occasioni (e non solo nel territorio olandese). «In un modo o nell'altro in Olanda», scrive Nio, «siamo diventati esperti, in campo architettonico, degli spazi tecnici [...]. Quasi tutti i progetti che abbiamo realizzato e su cui stiamo lavorando sono collegati agli spazi tecnici, vorremmo per molto tempo ancora poter continuare a soffiare nuova vita in questo vuoto non classificabile e, a volte, puramente funzionale spazio tecnico. Il nostro metodo e la nostra strategia è quella di dare un'anima a quello che anima non ha» .
Tra gli esempi significativi della ricca e appassionata ricerca di NIO architecten sono i quattro progetti qui presentati, ciascuno designato (in coerenza con la scelta progettuale enunciata) da una fantasiosa titolazione (che punta a trasfigurare la cruda tematica di cui si occupa): Heaven and Hell, Touch of Evil, Moon Knight, The Thread of Liverpool. Essi si distinguono tra loro per l'impegno costruttivo e la differente complessità del programma, consentendo al lettore di poter apprezzare la raffinata sensibilità dell'architetto olandese nel dosare in ciascun progetto il riflesso emotivo prodotto dalla soluzione formale in rapporto all''utente ed, anche, la capacità tecnica nel controllo dell'immagine e della sua accurata fattura.
Heaven and Hell (1998-2002), è un grande magazzino di abbigliamento, scarpe, accessori, e cosmetici, che sorge a Voorburg lungo la Herenstraat, posizionato in maniera assai singolare sotto il cavalcavia dell'autostrada che porta ad Utrecht. E' un oggetto architettonico brillante per il riflesso del mosaico vetroso multicolore che lo riveste, che punta a richiamare l'attenzione per il forte contrasto che crea nel contesto del tutto insignificante in cui è inserito. Un secondo effetto di aperta contraddizione e di spaesamento, questa volta più sottile, è prodotto dalla configurazione dell'ambiente interno che determina, in chi entra, una netta, immediata cesura mentale/percettiva con l'esterno, e la sensazione di essere 'altrove', in uno spazio accattivante, ma non immediatamente definibile. Gli elementi di spicco sono: un enorme solaio bianco e continuo, una sequenza di espositori colorati dal disegno morbido ed invitante che formano dei percorsi fluidi, ed un pavimento/palcoscenico di cemento nero. Lo spazio è unitario, dominato dalle curve degli stands che favoriscono e indirizzano la circolazione. Secondo Nio, essi rappresentano un «[...] ideale filo curvato di Arianna che bisogna seguire, tutti carichi, per ritornare di nuovo verso l'esterno» .
Touch of Evil (2002-2004), è un'operazione di 'rivitalizzazione' dell'immagine spaziale di un tunnel a Pijnacker. Il progetto consiste in un intervento di trasformazione in senso plastico delle superfici di un tratto dell'infrastruttura viaria nonché della loro colorazione rosso-arancio. L'azione, è volutamente circoscritta al fine di creare un forte contrasto con il resto del tunnel. L'operazione formale, come chiaramente appare, si carica di una valenza estetica, ma l'obbiettivo di Nio non è quello di perseguire una finalità artistica, ma piuttosto un accentuato effetto di shock sull'utente, al punto da fargli dimenticare la realtà della condizione del suo quotidiano attraversamento. L'effetto della grande "impronta" tridimensionale e colorata «[...] non è stata creata per esternare un'intima, o personale esperienza», afferma Nio, «L'intento al contrario è stato quello di rendere visibile all'interno di un anonimo tunnel una forma inumana di vita» .
La forma 'inumana' a cui allude l'architetto è l'anima del paesaggio dell'antico polder, trasformato dallo sviluppo urbano, che si è insinuata tra le pareti e il soffitto del tunnel lasciando di sé una strana, inquietante impronta visibile.
Moon Knight (2001-2004), è un ulteriore 'riappropriazione' in senso poetico della realtà interna del tunnel Noordammerweg, di Amstelveen, spazialmente assai complesso per la presenza di incroci a più livelli. Si tratta di rendere l'ambiente, attraversato da pedoni, ciclisti oltre che da conducenti di autovetture, più accattivante nella sua quotidiana fruizione.
L'idea da cui parte Nio, è quella di considerare la struttura sotterranea non più un luogo interrato, sepolto, ma come un grande ambiente urbano, o domestico in cui entrare per visitarlo, essendo piuttosto invitante con le pareti decorate ("forse da un Vasarely"). Di conseguenza, in questo luogo, le persone dovrebbero sentirsi e comportarsi come ospiti.
Sul filo di questo spunto ideale, e sulla base della qualità e della cura impiegata per la realizzazione dell'intervento, il provvisorio vivere nella frazione temporale dell'attraversamento di questa struttura tecnica non rappresenta più un preoccupante, angoscioso stacco rispetto alla vita della città in superficie.
The Thread of Liverpool (2004-) riguarda un intervento, ancora in fase progettuale, che avrà conclusione con le manifestazioni di "Liverpool 2008".
La struttura si trova in una zona centrale della città: un triangolo di strade, "un deserto di spazi tecnici".
La proposta consiste in un condotto pedonale, un'intricata percorrenza ed una plastica figura che sormonta e attraversa un punto denso di traffico, che Nio definisce "una sottile e allungata oasi rossa".
Tale "filo" porta con se otto proposte progettuali, ma soprattutto è una risposta culturale alla difficile questione dell'ingresso alla città.
L'idea dell'architetto, tuttavia, non è quella di rendere più bello esteticamente il luogo, ma cercare di creare le condizioni perchè diventi più prezioso nel tempo. In questo senso, è stata sollecitata, per lo sviluppo del progetto, la partecipazione degli abitanti, degli operatori immobiliari e degli imprenditori locali.
L'immagine del "filo" attorno al quale è nata e seguita a procedere l'idea progettuale è un lungo percorso che raccoglie al suo interno attività (quali restaurants, caffetterie e quant'altro) ed infinite occasioni d'incontro.

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