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Paolo Melis, Adalberto Libera. I luoghi e le date. Tracce per una biografia, Nicolodi, Villa Lagarina 2003
Rivista Parametro N° 250
di marzo aprile, 2004
Autore: Michele Costanzo
Non capita di frequente leggere una biografia dedicata ad un architetto. E' difficile comprendere la ragione di tanto scarso interesse nei confronti di alcuni significativi aspetti della vita, della personalità, del carattere di un autore le cui opere sono spesso, per così dire, dinanzi agli occhi di tutti, rappresentano uno dei tratti caratteristici del nostro paesaggio quotidiano. Ma è un fatto che il grande pubblico dei fruitori dell'architettura, viva le sue opere come pure immagini, organismi, spazi da utilizzare (e riutilizzare nel corso infinito del tempo) senza avere cognizione dell'autore o proiettare la propria curiosità al di là della semplice conoscenza del suo nome.
L'aspetto interessante è che c'è chi ha visto in questa 'condizione' -una sorta di antico retaggio dell'architettura- un grande privilegio: la capacità di trasformarsi, in questo modo, diversamente da altre forme d'arte, un patrimonio di tutti. «Il compito primo e fondamentale del poeta», scrive Massimo Bontempelli, «è inventare miti, favole, storie che poi si allontanino da lui fino a perdere ogni legame con la sua persona, e in tal modo diventino patrimonio comune degli uomini, e quasi cose della natura. Tali diventano le opere dell'architettura; spesso ignoriamo l'autore dei monumenti più illustri, che con la maggiore naturalezza si sono fusi col loro suolo e il loro clima» .
La biografia è un genere letterario che, nel lontano passato, ha percorso vari indirizzi e finalità. In età moderna, essa ha assunto generalmente la forma del ritratto psicologico.
In campo architettonico, dovendo affrontare la figura di Adalberto Libera -che, insieme a pochissimi altri, aveva contribuito a far entrare l'Italia in quel ristretto 'circolo culturale' internazionale che aveva cominciato a delinearsi alla fine degli anni Venti- Paolo Melis non si è rifatto a particolari modelli, ma piuttosto ha avuto come intento prevalente quello di restituire un'immagine dell'architetto trentino, viva e coinvolgente. E questo, mediante un'accurata indagine dei diversi ambienti in cui è vissuto, a partire dall'appartata, ma culturalmente vivace, provincia in cui è nato.
A questo filo conduttore primario, si è aggiunta una quantità corposa di dati provenienti da un'accurata ricerca su documenti e dalle testimonianze di chi gli è stato accanto nella vita o ha collaborato con lui nell'attività progettuale e nell'insegnamento universitario.
Quello che rende pregevole il libro di Melis e accattivante alla lettura, è il fatto di esprimere nella sua essenza una sensibilità del tutto contemporanea. Risulta, infatti, strutturato per strati, composto per parti sovrapposte. Le diverse fonti d'informazione, distinte per provenienza e genere, non vengono fuse in un'unità, piegate ad una trama narrativa, interpretate, ma piuttosto presentate come documento in sé, anche per contrastare le imprecisioni di alcuni scritti, pubblicati in precedenza da altri studiosi, proprio per la mancanza di alcuni importanti elementi di conoscenza.
Così, a seguito di questa pur avvincente forma 'magmatica' del libro, volutamente non 'elaborata' in una trama organica, Melis ha ritenuto di aggiungere accanto al titolo, l'occhiello: "Tracce per una biografia". Presentando, così, la sua ricerca come possibile fonte per ulteriori approfondimenti e riflessioni.
Il corposo libro, di ben 280 pagine, attraverso dodici capitoli, passa in rassegna con estrema partecipazione, l'arco esistenziale dell'architetto, focalizzando con attenzione i momenti che hanno avuto un diretto rapporto con il particolare carattere della sua architettura: la crescita nell'ambiente familiare di provincia, la fase degli studi, il periodo del Gruppo 7 e del MIAR, la sua attività fino alle soglie del conflitto, il dopoguerra e la ripresa della professione e, infine, la sua esperienza di docente universitario prima a Firenze e poi a Roma.